PER IL TRIBUNALE DI BRESCIA LA SOSPENSIONE DAL LAVORO PER IL SANITARIO NON VACCINATO LEDE LA DIGNITA’ UMANA DELLO STESSO.

27.08.2022

A cura dell'Avv. MicheleAlfredo Chiariello

TAGS: SANITARIO SOSPESO - COVID - LESIONE DIRITTI COSTITUZIONALI 

INDICE:

1)INTRODUZIONE;

·2)ALCUNI PRECEDENTI GIURISPRUDENZIALI;

3)L' ORDINANZA DEL 22-8-2022 DEL TRIBUNALE DI BRESCIA SUL DIRITTO AL LAVORO E ALLA TUTELA DELLA DIGNITA' UMANA;

4) CONCLUSIONI.-

*****

INTRODUZIONE

Sull'obbligo vaccinale si è scritto tanto, in particolare su quello a carico dei sanitari; la ratio legis[1] della imposizione è chiara, ma è legittima?

Non è questa la sede dove poter dare una risposta certa ed univoca, ma - da operatore del diritto - è doveroso riportare alcune, recenti, pronunce che mettono in evidenza proprio il rapporto tra sospensione dal lavoro e alcuni diritti inviolabili della persona umana.-

Se è condivisibile l'interpretazione dottrinale e giurisprudenziale, per cui la sospensione dal servizio, nell'ottica del legislatore, non si configura, come una misura punitiva, ma, invece, risponde all'esigenza di allontanare il lavoratore che, in quanto non vaccinato, viene considerato una fonte di rischio (anche solo potenziale) per quei soggetti fragili che con lo stesso devono necessariamente venire a contatto, come si concilia il tutto con i diritti, quali ad esempio quello al lavoro, alla retribuzione o alla conservazione della propria dignità dello stesso operatore sanitario?

[2]

ALCUNI PRECEDENTI GIURISPRUDENZIALI

Prima della ordinanza in commento, sono stati pubblicati - per verità, appartenenti ad un orientamento crescente, ma ancora residuale - altri provvedimenti simili, che meritano di essere sinteticamente richiamati.-

(A)

ORDINANZA DEL 19-7-2022 DEL TRIBUNALE DI CATANIA TRA SOLIDARIETA' E DIGNITA' UMANA

La questione affrontata dal Tribunale del Lavoro di Catania, riguardava un Dirigente Medico Ospedaliero - senza stipendio, per questo motivo da mesi - attinto da provvedimento di sospensione per non essersi vaccinato contro il covid.-

Il Tribunale del lavoro di Catania, nella persona della Dottoressa Rita Nicosia, accoglieva, in sede cautelare, il ricorso, sul presupposto che il "periculum" fosse individuabile nel pregiudizio di non ricevere la retribuzione, stante la complicata situazione economica e familiare, e, sotto il profilo del "fumus", che "esiste nel nostro ordinamento un principio generale, ricavabile dal patto di solidarietà sociale che è posto alla base della civile convivenza, per cui la dignità di ciascun individuo deve essere preservata assicurandogli i mezzi necessari per vivere [...] Tale principio basilare si ricollega direttamente alla tutela della dignità dell'individuo, a prescindere dalla causa della condizione di indigenza e dell'imputabilità della stessa ad un suo comportamento, lecito od illecito che sia. In materia di diritti fondamentali non sono infatti tollerabili automatismi di sorta, per cui la privazione automatica ed assoluta di ogni forma di sostegno economico per l'intera durata del periodo di sospensione dal servizio, senza possibilità di prevedere adeguate misure di sostegno economico, sembra ... irragionevole e sproporzionata anche in riferimento al principio di tutela della dignità dell'individuo, di cui all'articolo 2 della Costituzione. Tale automatismo si rivela ancor più irragionevole nel caso del dipendente sospeso dal servizio che versi in condizioni di indigenza e che, come la (parte) ricorrente, è impossibilitato a procurarsi altrimenti il reddito necessario per attendere alle ordinarie esigenze di vita, per via della conservazione dello status di dipendente pubblico e della conservazione del posto di lavoro, previste quali effetti dell'atto di accertamento, ancorché favorevoli per il lavoratore", motivo per il quale ordinava l'erogazione dell'assegno alimentare pari al 50% dello stipendio tabellare".-

(B)

ORDINANZA DEL 19-7-2022 DEL TRIBUNALE DI CATANIA SUL PREGIUDIZIO DERIVANTE DALLA MANCATA RETRIBUZIONE

Altra pronuncia riguarda sempre una ordinanza del Tribunale del Lavoro di Catania, questa volta una pedagogista, dipendente di una Comunità Terapeutica Assistita in regime convenzionale con l'Asp di Catania - con a carico tre figli minori di anni 12, nonché titolare di due rate di due mutui fondiari in regolare ammortamento - attinta da sospensione per mancato rispetto dell'obbligo vaccinale, pur avendo contratto il virus ed essere guarita.-

Il Tribunale del lavoro di Catania, nella persona della Dottoressa Federica Porcelli, accoglieva, in sede cautelare, il ricorso, sul presupposto che il "periculum" fosse individuabile nel pregiudizio di non ricevere la retribuzione, stante la situazione economica e familiare.-

(C)

ORDINANZA DEL 5-7-2022 DEL TRIBUNALE DI CATANIA SEMPRE SUL PREGIUDIZIO DERIVANTE DALLA MANCATA RETRIBUZIONE

La fattispecie sottoposta al giudice siciliano riguardava un soggetto avente qualifica di assistente sociale di Comunità Terapeutica Assistita in regime convenzionale con l'Asp di Catania - gravemente allergico e già sottoposto alla prima vaccinazione, con conseguente emiparesi dell'intero lato sinistro del corpo (emiplegia), con rigonfiamento del labbro e certificato di esonero dalla vaccinazione, coniugata con un figlio a carico non autosufficiente ed essendo la stabilità economica del nucleo familiare interamente a carico del marito e gravata da un mutuo ipotecario in regolare ammortamento.-

Il Tribunale del lavoro di Catania, nella persona della Dottoressa Federica Porcelli, accoglieva, in sede cautelare, il ricorso, sul presupposto che il "periculum" fosse individuabile nel pregiudizio di non ricevere la retribuzione, stante la situazione economica e familiare sopra descritta, e, sotto il profilo del "fumus", che la datrice di lavoro avesse violato l'obbligo di adibirla a mansioni anche diverse[2], senza decurtazione della retribuzione, in modo da evitare il rischio di diffusione del contagio da covid, non avendo (neppure dimostrato di avere) compiuto quello sforzo diligente richiesto dal criterio di buona fede e correttezza nell'esecuzione del contratto e consistente nel ricercare misure atte ad evitare il rischio di diffusione del virus e a garantire comunque alla lavoratrice il diritto all'esercizio della prestazione lavorativa e al mantenimento della retribuzione.-

(3)

L' ORDINANZA DEL 22-8-2022 DEL TRIBUNALE DI BRESCIA SUL DIRITTO AL LAVORO E ALLA TUTELA DELLA DIGNITA' UMANA

Nelle ultime, ore, è stata anche depositata una ordinanza del Tribunale di Brescia, depositata il 22 Agosto, a firma della Presidente della Sezione Lavoro, Dott.ssa Mariarosa Pipponzi, che, da un lato, sospende il provvedimento impugnato da una ostetrica e, dall'altro, rimette la questione alla Corte Costituzionale.-

In particolare, la ricorrente sebbene si fosse sottoposta al ciclo vaccinale primario, avendo contratto nelle more il virus, non si era sottoposta alla terza vaccinazione e, per questo, veniva sospesa dal lavoro.-

Nel provvedimento, il predetto giudice evidenzia come "lo Stato viene meno al compito direndere effettivo il diritto al lavoro ed introduce una misura che si espone al dubbio di rivelarsi eccessivamentesbilanciata e sproporzionata, ad eccessivo detrimento del valore della dignità umana".

Nulla infatti giustifica l'adozione di misure "che possano arrivare sino al punto di ledere la dignità della persona come può avvenire quando alla persona sia preclusa ogni forma di sostentamento... Come noto, il diritto al lavoro costituisce una delle principali prerogative dell'individuo su cui si radica l'ordinamento italiano che trova protezione nell'ambito dei principi fondamentali della Carta Costituzionale".-

[4]

CONCLUSIONI

La questione è assai complessa.

Se "Il personale sanitario, proprio in ragione del contatto diretto con il paziente, è portatore di una posizione di garanzia per il bene dell'incolumità fisica dei soggetti in cura ed è proprio questa peculiare posizione giuridica a giustificare l'imposizione di un obbligo vaccinale (si veda sul punto Cons. Stato sez. III 28 febbraio 2022 n. 1381)" - è anche vero che il nostro ordinamento non consente la esistenza di "diritti tiranni", cioè di diritti che sopprimono completamente altre situazioni meritevoli di tutela. Il sanitario non vaccinato non solo non può prestare la propria attività lavorativa, ma è privato, del tutto di ogni capacità reddituale, che si manifesta non solo con la sospensione dalla retribuzione, ma anche dalla impossibilità, ex lege, di trovare altra occupazione, in virtu' della conservazione dello status di dipendente pubblico.-

Di qui, la conseguenziale potenziale violazione, in danno dello stesso sanitario non vaccinato, del diritto al lavoro e alla retribuzione.-

Una soluzione - temporanea, in attesa di lasciarci alle spalle questa epidemia - sarebbe quella di riconoscere ai sanitari non vaccinati - per i quali sia impossibile una destinazione lavorativa diversa - una prestazione accessoria, in analogia all'assegno familiare (che, tuttavia, è istituto avente forme, cause e scopi diversi).-

NOTE:

[1] E' indubbio che l'introduzione dell'obbligo vaccinale per in lavoratori sanitari andava (e va) a coprire la necessità di contenere i rischi di contagio da covid in ambienti lavorativi, ove accedono e sono ricoverati soggetti particolarmente fragili, in quanto malati e bisognosi di cure, Proprio per evitare quello che è stato definito "un macabro paradosso"; Sul punto, si segnala una parte del decreto di rigetto n. 6593/2021 del 24/12/2021 del Tribunale del Lavoro di Venezia, a firma della Dott.ssa Barbara Bortot:" [..] Neppure è ravvisabile alcuna violazione al principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 della Costituzione, se si vuole evitare il "macabro paradosso", per cui i pazienti gravemente anziani o malati, ricoverati in strutture ospedaliere o residenziali siano esposti al contagio o contraggano il virus proprio nelle strutture deputate alla loro cura e per causa del personale preposto alla loro cura, refrattario alla vaccinazione".-

[2] Sul punto si legge che "L'obbligo di adibire il lavoratore esente dall'obbligo vaccinale anche a mansioni diverse in modo da evitare il rischio di diffusione del contagio da Sars-CoV-2 ha quindi un contenuto più ampio rispetto all'obbligo di repêchage, avvicinandosi a quello previsto per il caso del licenziamento per impossibilità sopravvenuta della prestazione del lavoratore divenuto disabile: il datore di lavoro non solo è onerato di provare di non poter utilizzare il lavoratore nelle mansioni in precedenza espletate oppure in altre mansioni equivalenti o inferiori, ma deve altresì dimostrare di aver compiuto uno sforzo diligente ed esigibile nel ricercare le possibili modifiche organizzative idonee a salvaguardare la prestazione lavorativa del dipendente esonerato dalla vaccinazione e la salute dei collaboratori e dei pazienti della struttura.".-

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