PER IL TAR LAZIO NON ESISTE UNA LIBERTÀ A NON VACCINARSI, IN PARTICOLARE PER I LAVORATORI SU CUI RICADE IL RELATIVO OBBLIGO. COMMENTO ALLA SENTENZA N.2813/2022

18.03.2022

A cura dell'Avv. MicheleAlfredo Chiariello

TAGS: ESITAZIONE VACCINALE - OBBLIGO GIURIDICO

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INTRODUZIONE

Centoventisette pubblici dipendenti - appartenenti al comparto difesa, sicurezza e soccorso pubblico, nonché al personale della scuola - avevano impugnato i rispettivi provvedimenti, con i quali le amministrazioni, datrici di lavoro, avevano provveduto alla loro sospensione dal servizio e dalla retribuzione, in quanto non avevano assolto l'obbligo vaccinale, per legge previsto.-

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LE TESI DEI RICORRENTI

Le tesi sostenute in giudizio dai centoventisette ricorrenti sono così riassumibili.-

I dipendenti, attinti dal provvedimento impugnato, sostenevano che lo stesso

  • non avesse alcun tipo di utilità nel garantire la salute pubblica;
  • minerebbe il buon andamento delle amministrazioni pubbliche, falcidiando il personale a disposizione delle stesse;
  • non sarebbe efficace nella prevenzione della diffusione del virus, dato che i sospesi, non vaccinati, potrebbero muoversi liberamene (pur non prestando attività lavorativa) ;
  • paradossalmente, i soggetti colpiti potrebbero preferire compiere atti di rilevanza disciplinare di modo da essere sospesi ed ottenere comunque la corresponsione di (almeno) metà dello stipendio;

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LA DECISIONE DEL TAR LAZIO

In maniera diretta ed immediata, sin dalle prime righe del percorso motivazionale, il Tar Lazio - Presidente Antonino Savo Amodio - anticipava l'esito del giudizio, sostenendo la piena legittimità degli atti impugnati, sul presupposto che gli stessi derivasero direttamente dalla legge, non avendo l'Amministrazione nessun potere in merito.-

Parimenti infondata, per il Collegio, la questione di legittimità costituzionale sull'obbligo vaccinale, sia pure per determinate categorie di lavoratori.-

Ciò sul presupposto che "nel bilanciamento tra l'interesse dei ricorrenti ad esercitare la loro attività lavorativa e le esigenze di tutela della salute pubblica, è chiaro come il primo sia recessivo. O meglio, lo strumento legislativo previsto per la tutela collettiva non appare sacrificare in maniera illogica, discriminatoria o eccessiva l'interesse privato".-

Inoltre, per il Collegio, non sarebbe ravvisabile un evidente dubbio di costituzionalità sotto altri profili (violazione degli artt. 2, 3, 13 e 32 Cost.), atteso che (l'obbligo vaccinale) non è incompatibile con l'ordinamento liberale e democratico italiano, basato sui fondamentali principî di solidarietà sociale.-

[A]

SULL'OBBLIGO VACCINALE

Interessante, poi, è quello che il Collegio scrive in relazione all'obbligo vaccinale contro il covid:

  • nell'imposizione dell'obbligo il legislatore nazionale ha scelto di procedere per gradi, iniziando dai soggetti che maggiormente sono esposti al contagio e che quindi risultano potenzialmente piú in pericolo, cioè quelli che in costante con l'utenza pubblica ed in generale con terze persone, anche infette;
  • quanto, poi, alle misure per rendere effettivo l'obbligo, nella scala di possibilità (che può immaginarsi come crescente dalla semplice formulazione del precetto sino a soluzioni sanzionatorie via via piú gravose, quali la privazione della libertà personale o la somministrazione coatta), il legislatore ha optato per una soluzione intermedia rappresentata dall'isolamento dalla comunità lavorativa di riferimento, con sospensione dalla prestazione lavorativa;
  • la sospensione dalla retribuzione costituisce una conseguenza naturale dal mancato servizio prestato, sicché in nessun modo può ipotizzarsi una qualche violazione dell'art. 36 Cost. D'altro canto, essendo la vaccinazione un «requisito essenziale per lo svolgimento delle attività lavorative», appare logico e coerente che l'assenza di questa determini la sospensione del rapporto e della retribuzione; anzi, la mancata risoluzione del rapporto di servizio costituisce una evidenza pratica di come il legislatore abbia adottato una soluzione bilanciata che medî tra il contenimento della pandemia e la tutela del lavoro. Tra l'altro, la limitazione temporale dell'obbligo (fino al 15 giugno 2022) rappresenta un'ulteriore prova dell'effettivo bilanciamento operato dal legislatore al fine di ridurre al minimo il sacrificio per i lavoratori che hanno deciso di non vaccinarsi.-

In conclusione, secondo il Tar Lazio nel nostro Ordinamento non è prevista la c.d. l'esitazione vaccinale (cioè la libertà di non vaccinarsi).-

[B]

SUL DENUNCIATO CONTRASTO DELLA NORMATIVA VACCINALE CON L'ART. 97 DELLA COSTITUZIONE

Per il Collegio nessun contrasto con l'art. 97 Cost. era ravvisabile nella sospensione: anzi, proprio un simile provvedimento evita di mettere a repentaglio il buon funzionamento delle amministrazioni pubbliche, in particolare quelle sanitarie.

[C]

SULLE DIFFERENZE TRA LA SOSPENSIONE DISCIPLINARE E QUELLA DERIVANTE DAL MANCATO ASSOLVIMENTO DELL'OBBLIGO VACCINALE

Similmente, nessuna analogia è ravvisabile nella disciplina di sospensione prevista nel caso di procedimento disciplinare, atteso che, in quest'ultima, interviene prima di un accertamento sulla ricorrenza dell'illecito; viceversa, nel caso di mancato assolvimento dell'obbligo vaccinale, la sospensione interviene dopo aver appurato la mancanza, ingiustificata, dello stesso.-

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L'ORIENTAMENTO MAGGIORIATARIO SUL PUNTO

Gran parte, se non la totalità, delle ultime pronunce amministrative, confermando la sospensione dal servizio, riconoscevano il diritto, in capo al dipendente, di ricevere la retribuzione, sollevando qualche dubbio di legittimità costituzionale, diversamente da quello in commento, che sicuramente darà nuova linfa giurisprudenziale.-

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