IL GIUDICE DEL LAVORO DI PADOVA RICOLLOCA IN SERVIZIO LA SANITARIA NON VACCINATA CONTRO IL COVID, PURCHE’ SI SOTTOPONGA A TAMPONE OGNI 48 H. COMMENTO ALL’ORDINANZA DEL 28-4-2022 DEL DOTT. ROBERTO BEGHINI

03.05.2022

A cura dell'Avv. MicheleAlfredo Chiariello

TAGS: OBBLIGO VACCINALE COVID - TAMPONE - NO SOSPENSIONE

INDICE

1)LA QUESTIONE;

2)LE MOTIVAZIONI DEL GIUDICE DEL LAVORO DI PADOVA;

3) CONCLUSIONI.-

[1]

LA QUESTIONE

Una operatrice socio sanitaria, al servizio dell'Azienda Sanitaria Ulss n. 6 Euganea di Padova, con provvedimento del 13 settembre 2021, in applicazione dell'art. 4 del decreto legge n.44/2021, veniva sospesa dal lavoro con effetto immediato, fino all'adempimento dell'obbligo vaccinale o, in mancanza, fino al completamento del piano e senza diritto alla retribuzione, in quanto non vaccinata, stante, altresì, la impossibilità di adibirla a mansioni diverse che non implicassero il rischio di diffusione del contagio; tale sospensione veniva confermata anche in data 31-12-2021, causa il rinnovo dell'obbligo vaccinale, anche per l'anno in corso.-

Di conseguenza, con ricorso d'urgenza adiva la Magistratura del lavoro patavina, chiedendo la revoca del provvedimento, la ricollocazione in servizio, sia perché unica fonte di reddito, in quanto titolare di un mutuo ipotecario e madre di due figli a carico, sia perché l'intero assetto normativo sarebbe contrario, sotto vari profili, alla Costituzione della Repubblica italiana, nonché alla normativa dell'Unione Europea. -

In particolare, dichiarava la propria disponibilità ad essere adibita anche a mansioni inferiori, nonché a sottoporsi a tampone, anche ogni giorno.

Prevedibile nella sua imprevedibilità, l' adito Magistrato, Roberto Beghini - già balzato alle cronache per aver rimesso la questione dell'obbligo vaccinale alla Corte di Giustizia Europea - ordinava il ricollocamento della sanitaria nel posto del lavoro[1], a condizione che la stessa si sottoponesse, a proprie spese, al tampone entro 48 ore.-

[2]

LE MOTIVAZIONI DEL GIUDICE DEL LAVORO DI PADOVA

La motivazione è assai diretta, si proceda con la sua analisi.-

Per il Giudice del Lavoro di Padova,

"se la vaccinazione è imposta al lavoratore non a tutela della salute propria, ma di quella altrui (in particolare, quelle delle persone "fragili" della struttura, in gergo "ospiti", "al fine di tutelare la salute pubblica e mantenere adeguate condizioni di sicurezza nell'erogazione delle prestazioni di cura e assistenza...")"

l'obbligo vaccinale

"imposto ai lavoratori non appare idoneo a raggiungere lo scopo che si prefigge, cioè quello di preservare la salute degli ospiti: Può infatti considerarsi notorio il fatto che la persona che si è sottoposta al ciclo vaccinale, può comunque contrarre il virus e può quindi contagiare gli altri, come emerge dai dati forniti proprio dal Ministero della Salute",

questo perché

"il metodo attualmente più sicuro per impedire che un lavoratore contagi le altre persone presenti sul luogo di lavoro, è invece quello di avere la ragionevole certezza che egli non sia infetto: ragionevole certezza che, come visto, non può essere data dalla vaccinazione, bensì dalla sottoposizione periodica del lavoratore al "tampone" (indifferentemente, test molecolare, test antigenico da eseguire in laboratorio, test antigenico rapido di ultima generazione) che garantisce, sia pure solo temporaneamente, che egli, nei successivi 2-3 giorni in cui si reca al lavoro, non abbia contratto il virus",

ribadendo che

"resta il fatto che la persona vaccinata, che non si sia sottoposta al tampone, può essere ugualmente infetta e può quindi ugualmente infettare gli altri: la garanzia che la persona vaccinata non sia infetta, è pari a zero. Invece la persona che, pur non vaccinata, si sia sottoposta al tampone, può ragionevolmente considerarsi non infetta per un limitato periodo di tempo. In tal caso, la garanzia che ella non abbia contratto il virus, non è assoluta, ma è certamente superiore a zero. Nessun dubbio che il tampone accerti l'inesistenza della malattia solo alla data in cui viene effettuato; ma ciò costituisce un dato comune a tutti gli accertamenti diagnostici e tale è il motivo per cui esso deve essere ripetuto periodicamente";

di conseguenza

"la norma sembra violare l'art. 3 Cost., poiché, allo scopo di evitare la diffusione del virus, impone al lavoratore un obbligo inutile e gravemente pregiudizievole del suo diritto all'autodeterminazione terapeutica ex art. 32 Cost., nonché del suo diritto al lavoro ex artt. 4 e 35 Cost., prevedendo la sospensione dal lavoro e dalla retribuzione in caso di inadempimento dell'obbligo vaccinale. Sembra quindi doversi concludere che il bilanciamento tra i diritti costituzionali coinvolti, sia stato operato dal legislatore, che pure gode di ampia discrezionalità, in maniera manifestamente irragionevole rispetto alla finalità perseguita. Anche dal punto di vista del diritto dell'Unione europea;

in definitiva

"l'imposizione al lavoratore dell'obbligo vaccinale, non essendo idonea a preservare la salute degli altri, non sembra conforme all'art. 32 Cost.. Alla luce di tutte tali considerazioni, non può essere condivisa l'affermazione di taluna giurisprudenza secondo cui "l'utilità della vaccinazione si apprezza non solo in termini di minore rischio di diffusione della pandemia, ma anche in termini di minore gravità della malattia e specialmente di minore rischio di ospedalizzazione; con conseguente maggiore tutela del personale sanitario, che non può sottrarsi al contatto con la persona malata, e minore aggravio dei ricoveri ospedalieri, in un contesto di risorse limitate". Il vaccino, ripetesi, non impedisce il contagio e non tutela quindi la collettività (nella specie, persone fragili), ma solo la persona che accetta di sottoporsi",

concludendo che

"La normativa italiana che sospende drasticamente dal lavoro e dalla retribuzione il lavoratore che non intenda vaccinarsi, sembra violare anche il principio di proporzionalità sancito dall'art. 52, primo comma, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione, secondo cui "eventuali limitazioni all'esercizio dei diritti e delle libertà riconosciuti dalla presente Carta (tra cui il diritto di lavorare di cui all'art. 15 della stessa Carta, ndr) devono essere previste dalla legge e rispettare il contenuto essenziale di detti diritti e libertà",

anche perché

"la normativa in questione appare contrastare col principio di uguaglianza nella misura in cui non prevede che l'obbligo di repêchage - oggi previsto a favore dei lavoratori del comparto della scuola, in virtù delle modifiche introdotte dal d.l. n. 24/2022 - sussista anche per i sanitari che scelgono di non vaccinarsi."-

[3]

CONCLUSIONI

L'ultimo assetto normativo ha confermato l'obbligo vaccinale, almeno fino a fine anno, unicamente per il comparto sanitario, prevedendolo in misura ridotta solo per quello scolastico.-

La sentenza in commento è anticonformista, proprio come ha mostrato di essere il suo estensore.-

Per il momento resta l'unica in un orizzonte giurisprudenziale aderente alla previsione di legge, staremo a vedere!

NOTE:

[1]https://www.firenzepost.it/wp-content/uploads/2022/05/Tribunale-di-Padova-Sez.-Lavoro-28.4.22.pdf 

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