PER IL TRIBUNALE DI TRANI, LA SOSPENSIONE DAL LAVORO E DALLA RETRIBUZIONE, A CAUSA DELLA MANCATA VACCINAZIONE CONTRO IL COVID, NON E’ UN PROVVEDIMENTO DISCIPLINARE. COMMENTO AL DECRETO N. 2868/2022.

05.03.2022

A cura dell'Avv. MicheleAlfredo Chiariello

TAGS: OBBLIGO VACCINALE - SOSPENSIONE DAL LAVORO E DALLA RETRIBUZIONE - NON E' UN PROVVEDIMENTO DISCIPLINARE

INDICE

· LA QUESTIONE;

· LA LEGISLAZIONE SULL'OBBLIGO VACCINALE;

· IL CASO DI SPECIE

· CONCLUSIONI.-

[1]

LA QUESTIONE

Con ricorso ex art. 700 c.p.c., una dipendente della ASL BAT, con mansioni di Infermiera Pediatrica, chiedeva che fosse revocato il provvedimento di sospensione emesso dalla ASL BAT per non essersi sottoposta al ciclo vaccinale, stabilito dal D.L. n. 44/2021 per contenere il rischio di diffusione dell'epidemia da COVID-19.-

Finalmente, anche il Tribunale del Lavoro di Trani, con una sentenza pulita, precisa e scorrevole, nel pieno stile del suo estensore, Dott.ssa Floriana Di Benedetto, si pronuncia sull'obbligo vaccinale contro il Covid.-

La questione assai particolare - una operatrice sanitaria sospesa, in malattia e durante lo smart working, dal lavoro e della retribuzione, perché non vaccinata - merita di essere analizzata, in tutti i suoi profili.-

[2]

LA LEGISLAZIONE SULL'OBBLIGO VACCINALE

L'obbligo vaccinale per contenere l'epidemia da SARS COVID-19 per gli esercenti le professioni sanitarie (tra cui rientra il soggetto nel caso in commento) e gli operatori di interesse sanitario è stato introdotto dal D.L. n. 44/2021, convertito nella L. n. 76/2021, successivamente modificato dal D.L. n. 172/2021, convertito nella L. n. 3/2022.-

Tale obbligo, inizialmente previsto solo per alcune categorie di lavoratori e poi via via esteso ad una platea più ampia di soggetti, se da un punto di vista di politica generale ha la finalità di contenere l'epidemia da SARS COVID-19, al fine di tutelare la salute pubblica, specialmente dei soggetti "più fragili" (per i quali il rischio morte o ospedalizzazione a seguito della contrazione del virus è maggiore rispetto al resto della popolazione), dalla prospettiva del datore di lavoro esso si pone anche come attuazione, legislativamente previsto, del più generale obbligo di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori stabilito dall'art. 2087 c.c.., di tutti i suoi lavoratori e dell'utenza a contatto con essi, laddove alcuni suoi dipendenti non si sottopongano al ciclo vaccinale.-

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IL CASO DI SPECIE

Nel caso di specie, con ricorso d'urgenza, la ricorrentededuceva di essere in "smart working" dall'inizio della pandemia e che, nonostante a fine agosto 2021 fosse stata dichiarata dal Medico competente "idonea con limitazioni[1]", veniva sospesa, perché non vaccinata, addirittura durante il periodo di malattia e che tale provvedimento era gravemente pregiudizievole anche perché la retribuzione era la sua unica fonte di reddito.-

(A)

L'ESENZIONE DAL VACCINO PUO' ESSERE DISPOSTA SOLO DAL MEDICO DI MEDICINA GENERALE

Nella fattispecie in commento, la dipendente non si era sottoposta al ciclo vaccinale previsto dalla legge, né le era stata riconosciuta, per accertato pericolo - formalizzato dal Medico di Medicina Generale o dal Medico Vaccinatore - la relativa esenzione.-

Viceversa, l'infermiera pediatrica aveva depositato solo un certificato specialistico di un medico allergologo, indirizzato al medico curante, con l'invito ad approfondire tale patologia; naturalmente tale certificato, non proveniente dal soggetto dotato del potere certificativo previsto dalla legge, risultava insufficiente per ritenere provato un diritto all'esenzione o al differimento della somministrazione del vaccino.-

Sicché, sotto tale aspetto, il Giudice del Lavoro riteneva il provvedimento della ASL legittimo, non essendoci certificazione medica di esenzione o differimento del vaccino, prevista dalla legge, che sia ostativa alla sospensione della lavoratrice.-

(B)

SULLE MODALITA' DI COMUNICAZIONE DEL PROVVEDIMENTO DI SOSPENSIONE

La ricorrente denunciava anche di non avere avuto diretta conoscenza del provvedimento di sospensione, ma di averne avuto consapevolezza solo nel momento in cui non aveva ricevuto la retribuzione mensile.-

In realtà, dagli atti risultava non solo che il provvedimento - privo dei nominativi dei dipendenti sospesi - era stato pubblicato sul sito web dell'azienda sanitaria e, quindi, conoscibile, ma che l'ASL - nel caso in esame assistita dall'avv. Andrea Scarpellini Camilli, Direttore dell'Ufficio Legale -  aveva tentato di notificarlo, a mezzo raccomandata, presso il domicilio eletto dalla lavoratrice, come tale indicato al momento della dichiarazione della disponibilità allo smart-working, senza successo, in quanto la variazione dell'indirizzo non era stata mai comunicata.-

Di conseguenza, l'omessa ricezione della raccomandata non poteva addebitarsi al datore di lavoro.-

(C)

SULLA ILLEGITTIMITA' DEL PROVVEDIMENTO DI SOSPENSIONE DURANTE LO SMART WORKING

Sul punto, l'eccezione della ricorrente sarebbe stata fondata...applicando la disciplina precedente, prevista dell'art. 4 del D.L. n. 44/2021 e non già quella successiva, applicabile "ratione temporis", disciplinata dal D.L. n. 172/2021.-

Infatti:

nella versione originaria dell'art. 4 del D.L. n. 44/2021,

  • a fronte di un lavoratore che non avesse adempiuto all'obbligo vaccinale, il datore di lavoro avrebbe potuto adibire, ove possibile, il lavoratore a mansioni anche inferiori - purché non implicanti contatti interpersonali e quindi il rischio di diffusione del contagio da SARS-CoV-2 - mantenendo ferma la retribuzione; se ciò non fosse stato possibile, per il periodo di sospensione non sarebbe stata dovuta la retribuzione;
  • tuttavia, in presenza di certificato provvedimento di esenzione o di differimento della vaccinazione, sul datore di lavoro sarebbe ricaduto l'obbligo di adibire il lavoratore a mansioni non comportanti il rischio contagio, mantenendo la retribuzione;

Tale normativa è stata modificata dal D.L. n. 172/2021,

  • il comma 7 dell'art. 4 contempla come unica ipotesi di adibizione a mansioni diverse solo per coloro che hanno ottenuto la certificazione di omissione o differimento del vaccino;
  • per tutti gli altri dipendenti non vaccinati, l'unica strada percorribile dal datore di lavoro è quella della sospensione, senza ulteriori valutazioni.-

Con la nuova disciplina è stata, dunque eliminata la possibilità del datore di lavoro di adibire ad altre mansioni i dipendenti non vaccinanti privi di certificazione di omissione o differimento del vaccino. -

Ne consegue che, nel caso di specie, la sanitaria, non in possesso di un certificato di esenzione dal vaccino o di differimento dello stesso, non poteva che essere sospesa.-

Si aggiunga, da ultimo, che la ricorrente, in base a quanto previsto dal D.L. n. 1/2022, in vigore dall'8.1.2022, era obbligata alla vaccinazione anche in quanto soggetto ultracinquantenne. Anche in tal caso l'unica ipotesi di esenzione dall'obbligo vaccinale (esteso fino al 15.6.2022) è rappresentata dall'accertato pericolo per la salute, in relazione a specifiche condizioni cliniche documentate, attestate dal medico di medicina generale dell'assistito o dal medico vaccinatore

(D)

SULLA ILLEGITTIMITA' DEL PROVVEDIMENTO DI SOSPENSIONE DURANTE LA MALATTIA

Per quanto riguarda poi l'eccezione di illegittimità del provvedimento di sospensione, perché la ricorrente era in malattia al momento della sospensione, tale eccezione veniva respinta dal Giudicante tranese, perché, come chiaramente indicato dall'art. 4 cit., "il provvedimento di sospensione non ha natura disciplinare e dunque la sua adozione o la sua decorrenza non è impedita dallo stato di malattia; la sospensione prevista dalla legge per i non vaccinati, in quanto norma di carattere eccezionale e soprattutto emergenziale, non è soggetta ad altre limitazioni se non a quelle prevista dalla legge stessa".-

[4]

CONCLUSIONI

La pronuncia in commento, che in inserisce in un contesto giurisprudenziale assai delicato (si vedano le seguenti pronunce che mettono in dubbio la legittimità dell'obbligo vaccinale)

è molto importante perché qualifica la sospensione non già come un provvedimento disciplinare, ma come esplicazione del potere datoriale di cui all'art. 2087 c.c., in virtù del quale il datore di lavoro ha l'obbligo di sospendere il dipendente risultato (anche solo) temporaneamente inidoneo allo svolgimento delle mansioni cui è addetto (cfr. Tribunale di Roma, ordinanza del 28.7.2021, est. Quartulli, nonché Tribunale di Bergamo decreto n. 4318/2021), identificandola come una misura connotata da una evidente finalità precauzionale o, come suggerito dal Tar Puglia, con il provvedimento cautelare n. 40/2022 "misura preventiva sanitaria".-


[1] Con l'indicazione "di non svolgere attività in ambiente ospedaliero e comunque di diagnosi e cura a contatto con terzi, autorizzata, viceversa, a svolgere attività in aree a basso rischio covid-19".-

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