PER IL COMPENSO DEGLI AVVOCATI, GLI INTERESSI DECORRONO DALLA MESSA IN MORA. COMMENTO ALLA SENTENZA N. 8611/2022 DELLA CASSAZIONE

28.03.2022

A cura dell' Avv.Laura Buzzerio

TAGS: COMPENSO AVVOCATI - INTERESSI

INDICE

1 ) IL FATTO;

2) LA DECISIONE DELLA SUPREMA CORTE;

3) LA MASSIMA.-

[1]

IL FATTO

I componenti di uno studio legale associato convenivano in giudizio un Ente pubblico, per la liquidazione giudiziale dei compensi relativi a numerosi giudizi nei quali avevano prestato attività difensiva in favore dello stesso.-

Il Tribunale, in primo grado, accoglieva solo parzialmente la domanda; in particolare, per quanto riguarda il tema del presente lavoro, veniva statuito - aderendo all'orientamento maggioritario - che gli interessi decorressero dalla liquidazione e non già dalle messa in mora, come sostenuto dagli attori che, per questo (fra gli altri) motivi ricorrevano in Cassazione.-

[2]

LA DECISIONE DELLA SUPREMA CORTE

La Corte di Cassazione, Relatore Consigliere Dott. Mauro Criscuolo, nel proprio percorso motivazionale effettuava un lungo e preciso excursus giurisprudenziale, passando in rassegna i due orientamenti, nel tempo, formatisi sul punto, che qui di seguito si riassumono sinteticamente:

  • il primo (quello posto a fondamento della decisione del Tribunale in primo grado), per cui gli interessi decorrono - in particolare nel caso di rito speciale - dal momento della liquidazione giudiziale (secondo questo orientamento, gli interessi decorrono da quando il credito è determinato e liquido);
  • il secondo[1] che fa partire la decorrenza degli interessi ad un momento antecedente, vale a dire a quello nel quale l'avvocato invia una propria notula e questa perviene a conoscenza del debitore; (secondo questo orientamento, è ininfluente la determinazione del credito e la sua liquidità).-

Dopo aver descritto i due orientamenti, la Suprema Corte motivava di aderire a quest'ultimo orientamento - sicuramente più favorevole alla classe forense - per cui non essendo presente nel nostro ordinamento il principio di origine romana "non illiquidis non fit mora[2]", cioè che non è necessario che il credito sia determinato nel suo ammontare e liquido, evidenziavano la non sussistenza di valide ragioni per differenziare il diritto di credito dell'avvocato da quello degli altri creditori.-

Infatti, il principio, poc'anzi descritto, è applicato uniformemente in giurisprudenza, per tutte le posizioni creditorie: "La liquidità del debito non è condizione necessaria della costituzione in mora, nel nostro ordinamento non valendo il principio "in illiquidis non fit mora", con la conseguenza che, in caso di contestazione dell'entità del credito, l'atto di costituzione in mora produce i suoi effetti tipici, con riguardo agli interessi moratori, limitatamente alla parte del credito riconosciuta".- (ex plurimis Cassazione Ordinanza n. 10599/2021 )

[3]

LA MASSIMA

Può, quindi, affermarsi il seguente principio di diritto: Nel caso di richiesta avente ad oggetto il pagamento di compensi per prestazioni professionali rese dall'esercente la professione forense, gli interessi di cui all'art. 1224 c.c., competono a far data dalla messa in mora (coincidente con la data della proposizione della domanda giudiziale ovvero con la richiesta stragiudiziale di adempimento), e non anche dalla successiva data in cui intervenga la liquidazione da parte del giudice, eventualmente all'esito del procedimento sommario di cui al D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 14, non potendosi escludere la mora sol perchè la liquidazione sia stata effettuata dal giudice in misura inferiore rispetto a quanto richiesto dal creditore.

NOTE

[1] Le cui prime applicazioni sono visibili già in pronunce di qualche anno fa: "L'invio della notula contenente la richiesta "de qua" integra, a sua volta, tutti gli estremi dell'atto di costituzione in mora, idoneo (ove giunto a conoscenza del destinatario) a dispiegare effetti sia ai fini della decorrenza degli interessi che del calcolo del maggior danno ex art. 1124, comma 2, c.c., senza che assuma, in contrario, alcun rilievo la (eventuale) contestazione del credito da parte del cliente, non vigendo nel nostro ordinamento il principio romanistico in illiquidis non fit mora" (Cass. 11736/1998)

[2] Letteralmente "non vi è ritardo nei crediti illiquidi".-

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