MONETIZZAZIONE DELLE FERIE NON GODUTE E CONTENIMENTO DELLA SPESA PUBBLICA. CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA CAUSA C-218/22

19.01.2024

A cura dell'Avv. MicheleAlfredo Chiariello

TAGS: FERIE - MONETIZZAZIONE - DL 95/2012 - JOB MEDIUM - DIRETTIVA N. 2300/88 - CORTE COSTITUZIONALE N. 95/2016 - C-218/22

INDICE

1 ) INTRODUZIONE;

2) IL FATTO;

3) IL RINVIO ALLA CORTE EUROPEA DEL TRIBUNALE DI LECCE;

4) LA DECISIONE DELLA CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA.-

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[1]

INTRODUZIONE

I lavoratori hanno il diritto di monetizzare le ferie annuali[1] retribuite non godute?

Possono, cioè, sostituire il proprio diritto al riposo, percependo, invece, l'equivalente in denaro quando cessa, per qualsiasi motivo, il rapporto di lavoro?

La normativa europea e quella italiana sono in conflitto?

Sul punto si è espressa qualche ora fa la Corte di Giustizia Europea.-

[2]

IL FATTO

Un ex dipendente, per circa 24 anni, del Comune di Copertino, con il profilo professionale di "Istuttore Direttivo", prima di presentare le proprie dimissioni per accedere alla pensione anticipata, ritenendo di avere diritto a un'indennità finanziaria per 79 giorni di ferie annuali retribuite maturate nel periodo compreso tra il 2013 e il 2016, si rivolgeva al il Tribunale di Lecce proponendo una domanda di monetizzazione di tali giorni di ferie non goduti.-

Il Comune di Copertino, nel costituirsi in giudizio, eccepiva che il ricorrente avesse beneficiato delle ferie nel corso del 2016 – quindi consapevole dell'obbligo di godere delle proprie ferie residue – e che la parte restante non fosse stata fruita per le dimissioni dello stesso; inoltre, veniva invocata quindi la disciplina di cui all'art. 5 comma 8 d.l. 95/2012, che nega, nel rapporto di lavoro pubblico[2], il diritto al pagamento di questa indennità, quando cessa il rapporto di lavoro

[3]

IL RINVIO ALLA CORTE EUROPEA DEL TRIBUNALE DI LECCE

Sul punto è necessario un brevissimo excursus storico giurisprudenziale:

  • Nel 2012 veniva emanato, ad oggi in vigore, il d.l n. 95/2012[4];
  • Nel 2016, il Tribunale del Lavoro di Roma[5] sollevava la questione di legittimità costituzionale dell'art. 5, comma 8[6], del sopra richiamato d.l. n. 95/2012;

Il Tribunale di Lecce, attinto dalla questione in commento, nutrendo, alla luce di quanto fin qui descritto, più di qualche dubbio sulla compatibilità della normativa italiana con quella sovranazionale, aveva rimesso la questione alla Corte di Giustizia Europea[9], chiedendo, in sintesi, di stabilire in che misura la direttiva Europea n. 2003/88 vietasse la «monetizzazione» delle ferie annuali retribuite, vale a dire la conversione in una somma di denaro del loro mancato godimento.-

[4]

LA DECISIONE DELLA CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA

La normativa europea, sul punto, è coerente è condivisibile.-

Se, in caso di cessazione del rapporto di lavoro, la fruizione effettiva delle ferie annuali retribuite cui il lavoratore ha diritto non è più possibile, per evitare che, a causa di detta impossibilità, il lavoratore non riesca in alcun modo a beneficiare di tale diritto, neppure in forma pecuniaria, la normativa sovranazionale, in particolare l'articolo 7, paragrafo 2, della, piu' volte richiamata, direttiva 2003/88 prevede che, in caso di fine del rapporto di lavoro, il lavoratore abbia diritto a un'indennità finanziaria per i giorni di ferie annuali non goduti.-

Tale diritto è subordinato a sole due condizioni:

  • cessazione del rapporto di lavoro;
  • mancato godimento da parte del lavoratore, non per sua diretta scelta, di tutte le ferie annuali cui aveva diritto alla data in cui detto rapporto è cessato[10].-

"Non per sua diretta scelta", significa che il datore di lavoro è tenuto, in considerazione del carattere imperativo del diritto alle ferie annuali retribuite e al fine di assicurare l'effetto utile dell'art. 7 della direttiva 2003/88, ad assicurarsi concretamente e in piena trasparenza che il lavoratore sia effettivamente in grado di fruire delle ferie annuali retribuite, invitandolo, se necessario formalmente, a farlo, e nel contempo informandolo - in modo accurato e in tempo utile a garantire che tali ferie siano ancora idonee ad apportare all'interessato il riposo e il relax cui esse sono volte a contribuire - del fatto che, se egli non ne fruisce, tali ferie andranno perse al termine del periodo di riferimento o di un periodo di riporto autorizzato.-

Inoltre, l'onere della prova, in proposito, incombe al datore di lavoro e, ove quest'ultimo non sia in grado di dimostrare di avere esercitato tutta la diligenza necessaria affinché il lavoratore sia stato effettivamente in condizione di fruire delle ferie annuali retribuite alle quali aveva diritto, si deve riconoscere la relativa indennità finanziaria al lavoratore.-

Nel caso si specie il diniego rispetto alla richiesta di monetizzazione delle ferie era stato motivato con esigenze di risparmio della spesa pubblica[11] – principio fondante il d.l. n. 95/2012 - e per la Corte di Giustizia Europea:

"il diritto dei lavoratori alle ferie annuali retribuite, ivi compresa la sua eventuale sostituzione con un'indennità finanziaria, non può dipendere da considerazioni puramente economiche, quali il contenimento della spesa pubblica.".-

NOTE

[1] Secondo giurisprudenza costante della Corte di Giustizia Europea, il diritto alle ferie annuali, sancito dall'art. 7 della direttiva 2003/88, è volto a consentire al lavoratore, da un lato, di riposarsi rispetto all'esecuzione dei compiti attribuitigli in forza del suo contratto di lavoro e, dall'altro, di beneficiare di un periodo di relax e svago (sentenza del 20 luglio 2016, C-341/15).-

[2] Tale divieto, viceversa, non è previsto nel rapporto di lavoro privato, dove l'indennità è sempre dovuta, tranne i casi in cui la mancata fruizione sia ascrivibile ad esclusiva colpa e responsabilità del dipendente.-

[3] L'articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2003/88, dispone che gli Stati membri prendano le misure necessarie affinché ogni lavoratore benefici di ferie annuali retribuite di almeno quattro settimane, secondo le condizioni di ottenimento e di concessione previste dalle legislazioni e/o prassi nazionali, riflette e concretizza il diritto fondamentale a un periodo annuale di ferie retribuite sancito dall'articolo 31, paragrafo 2, della Carta.-

[4] La normativa in questione faceva parte del pacchetto adottato all'indomani della crisi finanziaria globale del 2008, al fine di esercitare un migliore controllo sul bilancio e sul risparmio economico nel settore pubblico. Una siffatta finalità è ulteriormente confermata dal titolo della disposizione pertinente, ossia l'articolo 5 del decreto-legge n. 95, intitolato «Riduzione di spese delle pubbliche amministrazioni».

[5] Il giudice rimettente contestava in particolare il divieto di corrispondere trattamenti sostitutivi delle ferie non godute anche quando il mancato godimento non fosse imputabile alla volontà del lavoratore (nel caso di specie il ricorrente non aveva potuto godere delle ferie accumulate prima della cessazione del rapporto di lavoro, a causa delle patologie dalle quali era affetto).-

[6] Che si riporta testualmente: "Le ferie, i riposi ed i permessi spettanti al personale, anche di qualifica dirigenziale, delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, nonché le autorità indipendenti ivi inclusa la Commissione nazionale per le società e la borsa (Consob), sono obbligatoriamente fruiti secondo quanto previsto dai rispettivi ordinamenti e non danno luogo in nessun caso alla corresponsione di trattamenti economici sostitutivi. La presente disposizione si applica anche in caso di cessazione del rapporto di lavoro per mobilità, dimissioni, risoluzione, pensionamento e raggiungimento del limite di età. Eventuali disposizioni normative e contrattuali più favorevoli cessano di avere applicazione a decorrere dalla entrata in vigore del presente decreto. La violazione della presente disposizione, oltre a comportare il recupero delle somme indebitamente erogate, è fonte di responsabilità disciplinare ed amministrativa per il dirigente responsabile".-

[7] Così sancendo: "E' infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 5, 8° comma, D.L. 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, in L. 7 agosto 2012, n. 135, nella parte in cui stabilisce il divieto di corresponsione ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni dell'indennità per ferie non godute, laddove la mancata fruizione delle stesse sia dipesa da causa imputabile al lavoratore, con esclusione, dunque, della malattia impeditiva delle ferie, in riferimento agli artt. 3, 36, 1° e 3° comma, e 117 , 1° comma, Cost.".-

[8] Nome della società datrice di lavoro.-

[9] Con il seguente quesito:

"Se l'articolo 7 della direttiva 2003/88 e l'articolo 31, paragrafo 2, della Carta debbano essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale che, per ragioni attinenti al contenimento della spesa pubblica e alle esigenze organizzative del datore di lavoro pubblico, prevede il divieto di versare al lavoratore un'indennità finanziaria per i giorni di ferie annuali retribuite maturati sia nell'ultimo anno di impiego sia negli anni precedenti e non goduti alla data della cessazione del rapporto di lavoro, qualora egli ponga fine volontariamente a tale rapporto e non abbia dimostrato di non aver goduto delle ferie nel corso di detto rapporto di lavoro per ragioni indipendenti dalla sua volontà.".-

[10] La Corte di giustizia UE ha dichiarato, inoltre, che l'art. 7 della direttiva 2003/88 non può essere interpretato nel senso che il diritto alle ferie annuali retribuite e, pertanto, quello all'indennità finanziaria ex paragrafo 2 di detto articolo possano estinguersi a causa del decesso del lavoratore." (sentenza del 12 giugno 2014, C-118/13 della Corte di Giustizia Europea".-

[11] Né il Comune aveva provato di aver messo il lavoratore nelle condizioni di usufruire delle ferie.-

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