ASSOLTI GLI AMBIENTALISTI CHE SI INCOLLARONO ALLA VENERE DI BOTTICELLI PER PROTESTA CONTRO L’INQUINAMENTO.

03.12.2023
disclaimer: l'immagine è puramente illustrativa
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A CURA DELL'AVV. MICHELEALFREDO CHIARIELLO

TAGS: ULTIMA GENERAZIONE - DISOBBEDIENZA CIVILE - INQUINAMENTO AMBIENTALE

INDICE

1) LA QUESTIONE;

2) LA DECISIONE DEL GUP DI FIRENZE;

3) CONCLUSIONI.-

*****

[1]

LA QUESTIONE

Tre attivisti, due estati fa, per protesta contro l'inquinamento ambientale, incollarono le proprie mani, cosparse di "super attack[1]", sul vetro di protezione della "Venere" di Botticelli, esposta presso gli "Uffizi" di Firenze e, per questo, furono denunciati e rinviati a processo, con le accuse di aver organizzato la manifestazione senza la preventiva comunicazione al Questore, nonché di interruzione di pubblico servizio ed, infine, di resistenza a pubblico ufficiale.-

Qualche giorno fa, il Tribunale Penale di Firenze ha assolto loro[2] da ogni accusa, perché il "fatto non sussiste".-

[2]

LA DECISIONE DEL GUP DI FIRENZE

Il Tribunale fiorentino, in sede predibattimentale, nella persona del Giudice  Franco Attinà[3], cosi ha motivato:

(A)

Sulla organizzazione della manifestazione senza preavviso al Questore

Il reato contestato può essere commesso solo in "luogo pubblico" e non più in "luogo aperto al pubblico".-

Per luogo pubblico si intende il luogo in cui tutti possono accedere liberamente. Per luogo aperto al pubblico si intende quello nel quale l'accesso è possibile solo dopo l'espletamento di particolari formalità: pagamento del biglietto, esibizione dell'invito, qualsiasi documento abilitativo.-

Nel caso in esame la riunione si è tenuta in un museo, il cui ingresso è strettamente regolamentato; è dunque evidente che si tratti di luogo aperto al pubblico e non di luogo pubblico.-

(B)

Sulla interruzione/turbamento del pubblico servizio

Non sussiste in quanto la chiusura degli Uffizi è stata "il frutto di una libera determinazione e scelta delle autorità museali, che — tenuto conto della situazione venutasi a creare, quale evincibile dalle fotografie in atti — era legittima, ma non strettamente necessaria".-

Inoltre, "si deve certamente escludere che gli imputati volessero detta intenzione: al contrario il "successo" della loro iniziativa postulava necessariamente che la sala in cui mettevano in atto la protesta fosse normalmente accessibile ai visitatori, in modo che il loro messaggio potesse raggiungere il pubblico. Non sussisterebbe quindi in ogni caso il necessario dolo.".-

(C)

Sulla resistenza a pubblico ufficiale

Nel caso in esame, nonostante l'imputato (a solo uno dei tre attivisti veniva contestato tale reato) si fosse "agitato, urlando e sbracciando" (condotta teoricamente rilevante ai fini della resistenza), non solo la mancata collaborazione all'attività dei pubblici ufficiali non è sufficiente ad integrare il delitto in questione, ma soprattutto dagli atti non si evinceva neppure a che titolo i Carabinieri stessero conducendo i tre soggetti in caserma, così limitando la loro libertà personale. Di certo, in ogni caso, non era legittimo il relativo accompagnamento "per far riferire le loro ragioni".-

[3]

CONCLUSIONI

Sicuramente si è trattato di una protesta (condivisibile nel fine) pacifica e non violenta e con certezza la disobbedienza civile è uno dei modi per fare cambiare l'agenza politica sull'ambiente e richiamare l'attenzione sulla questione, ma resta il fatto che – socialmente – accertare che una condotta simile non sia penalmente rilevante, autorizza, pericolosamente, una platea illimitata di soggetti ad imitare il gesto (non solo contro le opere d'arte[4]), senza dimenticare che, per una manifestazione simile, altri attivisti della stessa associazione – che avevano incollato le proprie mani al basamento della statua del Laocoonte esposta ai Musei Vaticani - sono stati condannati dal Tribunale della Santa Sede, per il reato di danneggiamento "di monumento pubblico di inestimabile valore storico-artistico", alla reclusione con pena sospesa per cinque anni, ed euro 1500 euro di ammenda, oltre il risarcimento dei danni al Governatorato Vaticano.-

Si a queste manifestazioni pacifiche[5], si alla disobbedienza civile, ma senza atti che possano compromettere, anche involontariamente, opere d'arte, ma anche persone, come quando tali proteste vengono esercitate attraverso il blocco della strade e/o del traffico.-

NOTE

[1] Se nel capo di imputazione si legge il nome del piu' famoso incollante, una delle autrici del gesto, subito dopo, aveva dichiarato di aver utilizzato un blando preparato, suggerito da amici restauratori, che non avrebbe messo in pericolo l'opera d'arte, perché il loro intento era valorizzare l'arte e non danneggiarla.-

[2] Assistiti dagli avvocati Francesca Trasatti e Luigi Dell'Aquila.-

[3]Lo stesso Magistrato balzato agli onori della cronaca, con l'ordinanza di rimessione, con la quale aveva chiesto alla Corte Costituzionale di valutare il non luogo a procedere nei confronti di un datore di lavoro per la morte di un operaio, suo nipote, della sua impresa, in quanto "uno dei casi più importanti, forse il più rilevante, di poena naturalis, dovendosi intendere con tale espressione il male – di carattere fisico, morale o economico – che l'agente subisca per effetto della sua stessa condotta illecita (male che egli si autoinfligge o che gli viene inflitto da terzi, al di fuori della reazione sanzionatoria dell'ordinamento, in ragione della sua condotta)". L'ipotesi è quella in cui in cui l'autore del reato è anch'egli vittima, direttamente o indirettamente, del reato stesso. Attinà richiama, tra gli altri, i casi della madre condannata per omicidio colposo in relazione alla morte per annegamento del figlio minore, su cui aveva omesso la vigilanza, e quello del nipote condannato per omicidio colposo in relazione alla morte dello zio cagionata nel corso dei lavori di abbattimento di un albero. A questo punto emerge una argomentazione molto profonda con al centro l'imputato. «Tutti casi - commenta il giudice della prima sezione del Tribunale di Firenze - che hanno in comune la tragicità della vicenda, nell'ambito della quale l'autore del reato ha già patito una sofferenza morale, in relazione alla morte del congiunto, tale da rendere sproporzionata e inutilmente afflittiva la risposta sanzionatoria penale in danno di persone già (ben più) gravemente segnate dall'evento letale. Situazioni a fronte delle quali, tuttavia, l'ordinamento non contempla alcuna possibile rilevanza della "pena naturale", se non nei limiti generali del possibile riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche o nell'ambito della commisurazione giudiziale della pena».

[4] Fra qualche giorno, a Bologna, ad esempio, sarà celebrato un processo contro altri attivisti, dello stesso gruppo, che rischiano fino a 5 anni di carcere per l'accusa di violenza privata aggravata avendo interrotto con il proprio corpo il traffico di alcuni passanti della città felsinea per oltre venti minuti.-

[5] Gli attivisti partecipano a dei veri e propri work shop sulla resistenza civile, attraverso la formazione pratica all'Azione Diretta Non Violenta (ADNV).-

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