PROCESSO AMMINISTRATIVO ED ATTI TROPPO LUNGHI, QUALI CONSEGUENZE?   NOTA ALLA PRONUNCIA N. 3006/2021 DEL CONSIGLIO DI STATO

30.06.2021

A cura dell'Avv. MicheleAlfredo Chiariello

TAGS: PROCESSO AMMINISTRATIVO LUNGHEZZA ATTI CONSEGUENZE

INDICE

1) LA MASSIMA;

2) I LIMITI DIMENSIONALI DELL'ATTO AMMINISTRATIVO;

3) LE CONSEGUENZE DALLA VIOLAZIONE DEI LIMITI DIMENSIONALI DELL'ATTO;

4) IL CASO DI SPECIE.-

LA MASSIMA

Nel caso di superamento dei limiti dimensionali degli atti processuali, fissati dal decreto del Presidente del Consiglio di Stato n. 167/2016, può risultare opportuno, al fine di non "sorprendere" le parti, "invitare le parti a riformulare le difese nei predetti limiti dimensionali, con il divieto di introdurre fatti, motivi ed eccezioni nuovi rispetto a quelli già dedotti, nel rispetto del principio di leale collaborazione di cui all'art. 2, comma 2, del c.p.a. ".-

[2]

I LIMITI DIMENSIONALI DELL'ATTO AMMINISTRATIVO

Il Nostro ordinamento giuridico amministrativo, a differenza della stragrande maggioranza delle omologhe Corti europee, non prevede un meccanismo di filtro ed ogni settimana le varie sezioni devono scrutinare nel merito un numero elevatissimo di cause (nell'ordine delle centinaia), per ciascuna delle quali è ammessa la discussione orale (seppure, di questi tempi, da remoto).-

Per questo motivo, in attuazione dalla legge di conversione del D.L. 31 agosto 2016, n. 168, il decreto del Presidente del Consiglio dello Stato 22 dicembre 2016 n. 167 (e successive modifiche) aveva fissato, nel caso di giudizi avente ad oggetto, come nella pronuncia in commento, il silenzio inadempimento, in 30.000 caratteri, corrispondenti a circa 15 pagine, i limiti dimensionali del ricorso e degli altri atti difensivi.-

La brevità dell'atto processuale (in termini di caratteri, pagine e battute) è appunto lo strumento attraverso il quale il legislatore ha inteso vincolare le parti a quello sforzo di "sintesi" giuridica della materia controversa, sul presupposto che l'intellegibilità dell'atto (e quindi la giustizia della decisione) è grandemente ostacolata da esposizioni confuse e ripetitive e che, quindi, dirimente per l'assunzione di decisioni approfondite e consapevoli.-

Lo stesso decreto, tuttavia, agli articoli 5-6-7, prevede la possibilità di derogare a questi limiti dimensionali, in presenza di determinate condizioni, sia in via preventiva, oppure per ratifica successiva del Collegio al deposito dell'atto, ma, pur sempre, con apposita istanza avanzata dalla parte interessata[1].-

[3]

LE CONSEGUENZE DALLA VIOLAZIONE DEI LIMITI DIMENSIONALI DELL'ATTO

Mentre l'iniziale impostazione legislativa faceva leva unicamente sulla condanna alle spese di lite, l'attuale norma, in modo estremamente innovativo sul piano sistematico, sanziona in termini (non di nullità, bensì) di "inutilizzabilità" le difese sovrabbondanti, in quanto il giudice è autorizzato a presumere che la violazione dei limiti dimensionali (ove ingiustificata) sia tale da compromettere l'esame tempestivo e l'intellegibilità della domanda.-

Infatti, a norma dell'art. 13-ter, delle norme di attuazione del c.p.a. "le parti sono tenute a redigere il ricorso e gli altri atti difensivi secondo i criteri e nei limiti dimensionali stabiliti con decreto del presidente del Consiglio di Stato", precisando altresì che "il giudice è tenuto a esaminare tutte le questioni trattate nelle pagine rientranti nei suddetti limiti" e che l''omesso esame delle questioni contenute nelle pagine successive al limite massimo non è motivo di impugnazione".-

[4]

IL CASO DI SPECIE

Nel caso in commento, la controversia ‒ avente ad oggetto l'illegittimità del silenzio inadempimento mantenuto dall'Amministrazione comunale sulla denuncia di abusività di alcuni lavori di ampliamento e sopraelevazione ‒ non presentava questioni tecniche particolarmente complesse, né atteneva a fondamentali interessi economici e sociali, circostanze queste ultime che avrebbero giustificato il superamento dei predetti limiti, che, viceversa, risultavano ampiamente violati: il ricorso in appello era composto da 37 pagine, la memoria difensiva di controparte da 32 pagine e la memoria finale dell'appellata da 31 pagine, infine, la memoria di replica dell'appellante era di 21 pagine.-

Tuttavia, in virtu' dell'assenza di una applicazione sistematica da parte della giurisprudenza delle suddette conseguenze delle condotte difformi (salvo alcuni sporadici ma significativi precedenti: cfr. Cass. n. 4636/2016 e Cass. n. 2852/2017), il Consiglio di Stato aveva invitato le parti a riformulare le difese nei predetti limiti dimensionali, con il divieto di introdurre fatti, motivi ed eccezioni nuovi rispetto a quelli già dedotti.-


[1] Istanza che non sempre viene accolta, anzi! Si veda l'ultimissima sentenza del C.G.A. Sicilia n.122/2021, con la quale il tribunale amministrativo ha rigettato la richiesta di sforamento dei limiti dimensionali per la proposizione di un appello su ordinanza cautelare, dove il limite è 70.000 mila caratteri, in quanto assolutamente sufficiente se non sovrabbondante per l'esposizione dei fatti.- 

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