POST OFFENSIVI SUI SOCIAL? SI AL RICORSO A PROVVEDIMENTI D’URGENZA.COMMENTO ALLA ORDINANZA DEL TRIBUNALE DI TRANI DEL 19-8-2022

04.10.2022

 A cura dell'Avv. MicheleAlfredo Chiariello

TAGS: DIFFAMAZIONE SOCIAL - TUTELA CAUTELARE - MISURE DI COERCIZIONE INDIRETTA EX ART. 614 BIS CPC

INDICE

1)IL FATTO;

2)SULLA TUTELA CAUTELARE IN CASO DI POST DIFFAMATORI;

3)L'ESIMENTE DEL DIRITTO DI CRITICA - DI CRITICA POLITICA - DI SATIRA;

4)I POST DENIGRATORI SUI SOCIAL. CONSEGUENZE SUL RAPPORTO DI LAVORO;

5)L'ORDINANZA IN COMMENTO;

6)SUL RICORSO ALLE MISURE DI COERCINZIONE INDIRETTA EX ART. 614 BIS CPC;

7)I PRECEDENTI GIURISPRUDENZIALI.-

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[1]

IL FATTO

Con un ricorso ex art. 700 c.p.c., un Sindaco, in carica, e l'Amministratore unico e legale rappresentante della Municipalizzata, operante nel servizio pubblico di gestione dei rifiuti, adivano la Magistratura civile di Trani, per ottenere l'ordine di rimozione di alcuni messaggi diffamatori ad essi rivolti[1], pubblicati da un dipendente della suddetta società, su un gruppo, in un noto social, aperto al pubblico.-

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SULLA TUTELA CAUTELARE IN CASO DI POST DIFFAMATORI

Sul punto è necessario fare una distinzione.-

In caso di asserita diffamazione proveniente da una testata giornalistica on line[2], "il giornale pubblicato, in via esclusiva o meno, con mezzo telematico, non può essere oggetto, in tutto o in parte, di provvedimento cautelare preventivo o inibitorio, di contenuto equivalente al sequestro o che ne impedisca o limiti la diffusione".-

Questo perché viene garantita la tutela costituzionale assicurata dal terzo comma dell'art. 21 Cost. alla stampa e riconosciuta anche dalla giurisprudenza di legittimità (sul punto Cass. Sez. Unite, sentenza n. 23469 del 2016).-

Diversamente, nell'ipotesi di condivisione sulla piattaforma facebook di post offensivi o diffamatori, è legittimo un provvedimento di rimozione d'urgenza di contenuti multimediali che, data la loro ampissima potenzialità diffusiva, integrano un "mezzo di pubblicità" diverso dalla stampa: per tale ragione non trova applicazione la normativa di rango costituzionale, sopra descritta.-

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L'ESIMENTE DEL DIRITTO DI CRITICA - DI CRITICA POLITICA - DI SATIRA

Quale è il limite tra diritto di espressione (nelle varie sfaccettature) ed una ipotesi diffamatoria? Per rispondere a questa domanda, bisogna descrivere, seppure in maniera sintetica quanto segue.-

Il diritto di critica, quale estrinsecazione della libera manifestazione del pensiero, ha rango costituzionale al pari del diritto all'onore e alla reputazione, sul quale tuttavia prevale, scriminando l'illiceità dell'offesa, "[...] a condizione che siano rispettati i limiti della continenza verbale, della verità dei fatti attribuiti alla persona offesa e della sussistenza di un interesse pubblico alla conoscenza dei fatti oggetto della critica. Ne consegue che è consentito l'uso di toni aspri e di disapprovazione anche pungente, purché nel rispetto della continenza, da intendere come correttezza formale e non superamento dei limiti di quanto strettamente necessario al pubblico interesse".- (Cass. N. 11767/2022).-

Sul piano della critica politica[3], lo scenario non cambia: "L'esimente dell'esercizio del diritto di critica politica tollera l'uso di espressioni forti e toni aspri [...] tale esimente postula, cioè, una forma espositiva corretta, strettamente funzionale alla finalità di disapprovazione e che non trasmodi nella gratuità ed immotivata aggressione dell'altrui reputazione".- (Cass. 22970/2022)

Sotto il profilo del diritto di satira, "in tema di diffamazione, ricorre l'esimente dell'esercizio del diritto di critica e satira politica quando le espressioni utilizzate esplicitino le ragioni di un giudizio negativo collegato agli specifici fatti riferiti e, pur se veicolate nella forma scherzosa e ironica propria della satira, non si risolvano in un'aggressione gratuita alla sfera morale altrui o nel dileggio o disprezzo personale."- (Cass. N. 320/2021).-

Punto comune - per l'applicazione delle suesposte esimenti - è la continenza lessicale e formale delle affermazioni, che non si può pretendere siano - come viceversa previsto nel diritto di cronaca -rigorosamente obiettive, nonché che le stesse non si traducano in una gratuita ed immotivata aggressione personale.-

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Nel caso in esame, lo si anticipa, dai post, oggetti di contestazione, secondo la ricostruzione del Tribunale di Trani emerge, piuttosto che l'esternazione di un legittimo diritto di critica dell'operato di amministratori pubblici, un intento offensivo e denigratorio, che travalica il limite della continenza, attraverso l'uso di frasi allusive, insinuazioni, offese alla persona a fronte di sospetti o dubbi esposti come verità, esorbitanti i limiti di una lecita contestazione politica.-

(4)

I POST DENIGRATORI SUI SOCIAL. CONSEGUENZE SUL RAPPORTO DI LAVORO

Anche se nella fattispecie in commento non vi è traccia di sanzioni disciplinari, probabilmente oggetto di altri procedimenti, la questione avrebbe effetti, a parere di chi scrive anche sul rapporto di lavoro.-

Da un punto di vista penale, la giurisprudenza è assolutamente consolidata nel ritenere che la pubblicazione di un messaggio offensivo su social network (come una bacheca Facebook) integri il reato di diffamazione aggravata ex art. 595, 3° comma, c.p. stante la sua potenziale diffusione ad un numero indeterminato o, comunque, quantitativamente apprezzabile di persone.-

L'applicazione di detto principio all'universo giuslavoristico ha portato a ritenere legittimo il licenziamento irrogato per la pubblicazione di post offensivi o denigratori nei confronti di datore di lavoro (ex plurimis Cass. n. 10280/2018)

Come si concilia la libertà di espressione del lavoratore e la tutela degli interessi datoriali?

Oggettivamente, la condotta del lavoratore che denigra il datore di lavoro - ledendolo - sui social è passibile di sanzioni disciplinari, finanche quella espulsiva.-

Infatti, se un lavoratore, come ogni soggetto, è titolare del diritto inalienabile della libertà di pensiero, garantito dall'art. 21 della Costituzione, è, altresì, vero che, anche fuori dal luogo di lavoro, lo stesso ha un obbligo di rispetto nei confronti del datore di lavoro, che mantiene l' esercizio del potere direttivo, il potere di controllo e quello disciplinare.-

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L'ORDINANZA IN COMMENTO

Nel caso in esame, veniva accolta l'istanza cautelare ex art. 700 c.p.c. sul presupposto che i messaggi condivisi sulla piattaforma social non fossero espressione legittima di un dissenso o di un'opposizione politica ragionata nei confronti degli odierni ricorrenti, sostanziandosi, piuttosto, in commenti sarcastici e rancorosi diretti a suscitare in chi legge la sensazione di indegnità personale dei soggetti, a cui si riferiscono.-

Di conseguenza, il Giudice di Trani, Dott.ssa Sandra Moselli, ordinava l'immediata cessazione e rimozione di tutte le pubblicazioni a contenuto ingiurioso e diffamatorio nei confronti dei ricorrenti sulla piattaforma Facebook o su altri social network, fissando inoltre, visto l'art. 614 bis c.p.c., in € 100,00 la somma di denaro per ogni violazione e/o inosservanza dell'ordine, sopra indicato, nonché per ogni giorno di ritardo nell'esecuzione del provvedimento.-

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SUL RICORSO ALLE MISURE DI COERCINZIONE INDIRETTA EX ART. 614 BIS CPC

Interessante, poi, è il ricorso da parte del Tribunale tranese all'istituto di coercizione indiretta ex art. 614 bis cpc.-

Si tratta di una norma che prevede la possibilità di fissare, con il provvedimento di condanna - su richiesta della parte interessata - una somma di denaro dovuta dall'obbligato per ogni violazione o inosservanza successiva, ovvero per ogni ritardo nell'esecuzione del provvedimento.-

Detta misura assolve ad una finalità sanzionatoria e non risarcitoria in quanto non mira a riparare il pregiudizio cagionato dall'esecuzione della sentenza ma vuole sanzionare l'inosservanza della statuizione giudiziaria e stimolare il debitore all'adempimento. Trattasi, cioè, di una pena e non di un risarcimento (Si veda la sentenza del Consiglio di Stato 4523/2012).-

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I PRECEDENTI GIURISPRUDENZIALI

Seppure nel circondario tranese la sentenza porta con sé una ventata di freschezza, non è di fatto una novità nel panorama giurisprudenziale italiano.-

Infatti, fra le tante, sul punto si richiamano le seguenti pronunce:

- Tribunale Reggio Emilia 15 aprile 2015;

- Tribunale di Napoli 4 Novembre 2016;

- Tribunale di Pordenone del 10-12-2018.-

NOTE

[1] Assistiti dall'avv. Isabella Tritta.-

[2] Naturalmente quando possieda i tratti caratteristici del giornale o del periodico tradizionale su supporto cartaceo, cioè una testata, una struttura con un direttore responsabile, una redazione ed un editore registrato presso il registro degli operatori della comunicazione, finalizzato all'attività professionale di informazione diretta al pubblico, cioè di raccolta, commento e divulgazione di notizie di attualità e di informazioni da parte di soggetti professionalmente qualificati, nonché che sia aggiornato con regolarità.-

[3] Esimente applicabile a tutti, non solo ai politici di professione. -

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