PERMETTERE AL SINGOLO CONSUMATORE, PRIMA DEL CONFEZIONAMENTO, DI TOCCARE IL PANE E RIPORLO NELL’ESPOSITORE, NON GARANTISCE IL RISPETTO DELLE NORME IGIENICO/SANITARIE Commento alla sentenza n.6677/2021 del Consiglio di Stato

26.10.2021

A cura dell'Avv. MicheleAlfredo Chiariello

TAGS: PANE PRECOTTO - CONFEZIONAMENTO A CURA DEL CLIENTE - VIOLAZIONE NORME IGIENICO SANITARIE

INDICE

1 )IL FATTO;

2) LA DISCIPLINA SUL PUNTO;

3) LA SENTENZA DI PRIMO GRADO;

4) LA DECISIONE DEL CONSIGLIO DI STATO;

5) CONCLUSIONI.-

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IL FATTO

Nel caso di specie, la parte che agiva in giudizio era una società concessionaria che gestiva un grande ipermercato nel leccese, ove aveva allestito, all'interno del reparto gastronomia, un'area di vendita di pane ottenuto mediante completamento di cottura di "pane parzialmente cotto".-

A seguito di visita ispettiva effettuata nel gennaio 2020, i Carabinieri del N.A.S. di Lecce procedevano al sequestro di 23 Kg. circa di pane precotto in vendita negli espositori, elevando un verbale nei confronti dei proprietari dell'attività, avendo riscontrato che "un cliente anziano, senza l'utilizzo della protezione di guanti, dopo aver toccato diversi pezzi di pane, ne ha scelto alcuni che ha finalmente acquistato".-

In particolare, nel verbale di sopralluogo, i militari contestavano le seguenti irregolarità:

a) non era esercitata la necessaria vigilanza sulla procedura di acquisizione del pane precotto da parte del consumatore, poiché i distributori self-service del pane precotto erano posti a distanza dal banco vendita assistita ed in posizione defilata rispetto all'addetto al punto vendita;

b) le diverse tipologie di pane precotto ed etichettato erano vendute in assenza di preconfezionamento per ciascun pezzo, in violazione della disciplina[1] prevista per la vendita del pane precotto.-

Seguiva altro provvedimento del Dipartimento di Prevenzione della A.S.L. di Lecce di «immediata sospensione della vendita self-service di pane e prodotti da forno sfusi e posti in vendita in appositi scaffali erogatori del tipo a cassetto, in assenza di un operatore addetto alla vigilanza sulle corrette modalità di prelievo/acquisto da parte dei clienti».-

Avverso questo provvedimento, veniva proposto ricorso avanti al Tar Puglia, Sezione distaccata di Lecce.-

[2]

LA DISCIPLINA SUL PUNTO

Prima di procedere con il commento della sentenza di primo grado - di rigetto, lo si anticipa - appare necessario soffermarsi sulla disciplina sul punto.-

La legge italiana (art. 14, comma 4, Legge n. 580/1967 e art. 1 d.P.R. n. 502/1998) detta i seguenti specifici obblighi, informativi e di preconfezionamento, per il pane parzialmente cotto:

  1. la distribuzione e la messa in vendita devono avvenire in comparti separati dal pane fresco, con apposita cartellonistica esposta in modo chiaramente visibile al consumatore nell'area di vendita, ove le operazioni di completamento della cottura e di preconfezionamento del pane non possano avvenire in aree separate da quelle di vendita del prodotto;
  2. la distribuzione e la messa in vendita devono avvenire in imballaggi preconfezionati, riportanti in etichetta anche l'indicazione "ottenuto da pane parzialmente cotto surgelato", in caso di provenienza da prodotto surgelato, ovvero la dicitura "ottenuto da pane parzialmente cotto", in caso di provenienza da prodotto non surgelato né congelato.-

Con le norme in questione, il legislatore, nel dettare l'obbligo di preconfezionamento e di etichettatura del pane parzialmente cotto, ha inteso perseguire una duplice finalità:

  • in primis, l'interesse alla sicurezza alimentare e alla salute pubblica, prescrivendo il previo imballaggio del pane ottenuto da parziale cottura, per scongiurare il pericolo di contaminazione del prodotto da parte del consumatore che lo maneggi nella fase prodromica all'acquisto;
  • in secundis, l'esigenza di rendere il consumatore edotto di una qualità essenziale del pane - precotto anziché fresco - rispetto alla quale il preconfezionamento è misura specifica, che si aggiunge alle altre, ossia alla etichettatura e alla cartellonistica, nel segnalare al consumatore la lavorazione differenziata del pane in acquisto[2].-

Ed invero, alla stregua della individuata duplice ratio legis, si deve ritenere che tali obblighi debbano essere assolti dallo stesso rivenditore e non dal consumatore, a prescindere dal luogo, interno o esterno dell'area di vendita, in cui siano effettuati, ma necessariamente prima che il prodotto stesso venga collocato negli scaffali per la vendita.

Da ultimo, in relazione alla disciplina vigente, si richiama l'Allegato II del Regolamento (CE) 29 aprile 2004, n. 852, intitolato «Requisiti generali in materia di igiene applicabili a tutti gli operatori del settore alimentare (diversi da quelli di cui all'allegato I)», il Capitolo IX - intitolato "Requisiti applicabili ai prodotti alimentari" - che, al punto 3, tanto prevede: «In tutte le fasi di produzione, trasformazione e distribuzione gli alimenti devono essere protetti da qualsiasi forma di contaminazione atta a renderli inadatti al consumo umano, nocivi per la salute o contaminati in modo tale da non poter essere ragionevolmente consumati in tali condizioni».-

[3]

LA SENTENZA DI PRIMO GRADO

Come anticipato, il Tar Lecce, con la sentenza n. 758/2020, come giudice di primo grado, rigettava il ricorso proposto, in quanto, in ordine al preconfezionamento, l'art. 14, comma 4, della legge n. 580/1967 prevede che "il pane ottenuto mediante completamento di cottura di pane parzialmente cotto, surgelato e non, deve essere distribuito e messo in vendita, previo confezionamento ed etichettature riportanti le indicazioni previste dalla normativa vigente in materia di prodotti alimentari, in comparti separati dal pane fresco e con le necessarie indicazioni per informare il consumatore sulla natura del prodotto".-

Nel caso di specie, il Dipartimento di Prevenzione della A.S.L. Lecce, nel provvedimento impugnato, aveva valutato il sistema di vendita self-service, in uso presso la struttura di vendita, come inadeguato (così come descritto dai militari del N.A.S. nel verbale di sopralluogo) e aveva ritenuto le misure adottate non sufficienti ed efficaci a ridurre a "livelli accettabili" il rischio di contaminazione[3], secondo quanto prescritto dal Regolamento n. 852/2004, sopra richiamato.-

[4]

LA DECISIONE DEL CONSIGLIO DI STATO

Avverso la predetta sentenza del Tar salentino, la società ricorreva avanti il Consiglio di Stato, sostenendo, principalmente, che:

"la vendita del pane precotto sarebbe rispettata, in punto di requisiti di sicurezza alimentare, non solo attraverso il preconfezionamento , ma anche mediante l'impiego di imballaggi preconfezionati posti nel luogo di vendita ed utilizzati dal cliente che apprende il pane sfuso dagli appositi contenitori".-

Secondo la società appellante:

"nel caso di specie, il pane sfornato viene inserito nei contenitori che sono a servizio degli avventori che, a loro volta, lo ripongono in apposite sacchette e, attraverso un numero di riferimento, lo pongono sulla bilancia ottenendo uno scontrino che reca l'indicazione non solo del peso e del prezzo, ma anche le informazioni di legge, ancorché sinteticamente riproduttive di quelle riportate nei rispettivi libri a disposizione degli utenti e collocata a fianco degli espositori, unitamente alle indicazioni sulle modalità da seguire e sull'uso dei guanti e degli imballi".-

Tale tesi non è condivisa dal Consiglio di Stato, infatti:

"Dal combinato disposto delle disposizioni richiamate risulta con particolare evidenza che la vendita del pane parzialmente cotto deve essere posta in essere, di regola, previo confezionamento (la prescrizione è nitida, e stabilita sia dalla norma primaria che da quella regolamentare). Solo in caso di impossibilità di eseguire il preconfezionamento in area diversa da quella di vendita, può eccezionalmente farsi luogo a confezionamento in tale area, "fatte salve comunque le norme igienico-sanitarie". Orbene, neppure la disposizione che deroga all'obbligo di preconfenzionamento in area separata da quella della vendita consente la vendita di pane non confezionato, dal momento che la deroga concerne l'ubi, ma non l'an, cioè il dove, ma non il se.-

Nel caso di specie, per il Consiglio di Stato, le norme igienico sanitarie non sono state rispettate: non è in discussione soltanto la possibilità di confezionamento incontrollato (e rimesso sostanzialmente all'operato del cliente) nell'area di vendita come modalità astratta, ma ciò che nel caso di specie appare dirimente è che, poiché, la finalità primaria della disposizione regolante tale attività è quella di garantire l'igiene e la sicurezza alimentare, sicuramente non è conforme a tale disciplina una modalità, quale quella accertata in concreto, che consente al singolo consumatore, prima di procedere al confezionamento, di toccare il pane per poi riporlo nell'espositore, a danno dei futuri (e ignari) clienti.-

Per il Collegio del Consiglio di Stato, Presidente Frattini, non sono rilevanti le circostanze fattuali, indicate dall'appellante, quali la distanza dal banco vendita, l'illustrazione della procedura di confezionamento, la struttura degli erogatori, a fronte dell'accertata inidoneità della prassi in questione ad evitare il contatto del pane ad opera del cliente che poi lo riponga nel medesimo erogatore (dal quale successivamente altro consumatore, ignaro, lo prelevi).-

Il fatto che la disciplina sull'etichettatura faccia riferimento a prodotti "imballati sui luoghi di vendita" non implica evidentemente che tale modalità di confezionamento possa prescindere dall'adozione di cautele minime, regolate ratione materiae dalle disposizioni sopra richiamate, tendenti ad evitare la contaminazione degli alimenti conseguente alla libera e non controllata esposizione degli stessi.

[5]

CONCLUSIONI

La sentenza molto chiara - uniforme con i principi, già, dettati dalla Suprema Corte con le pronunce n. 8197 e 14712/2020 - merita una sola precisazione, per evitare di dare luogo ad interpretazioni differenti dalla previsione di legge: l'obbligo di preconfezionamento è previsto per il solo pane precotto, e non anche per il pane fresco, trattandosi di due differenti prodotti, in quanto il primo si ottiene da un processo produttivo che viene interrotto per consentire il surgelamento del prodotto in vista di un posticipato completamento della sua cottura ed il secondo si ottiene attraverso un processo produttivo completato in una sola giornata.-


[1] Di cui al combinato disposto dell'art. 14, comma 4, della legge 4 luglio 1967, n. 580 e dell'art. 1, comma 1, del d.P.R. n. 502/1998.-.

[2] Con l'ulteriore precisazione, come disposto dall'art. 1, comma 1, del d.P.R. n. 502/1998 che deve essere riportata la dicitura a) "ottenuto da pane parzialmente cotto surgelato" in caso di provenienza da prodotto surgelato; b) "ottenuto da pane parzialmente cotto" in caso di provenienza da prodotto non surgelato ne' congelato, nonché, ove le operazioni di completamento della cottura e di preconfezionamento del pane non possano avvenire in aree separate da quelle di vendita del prodotto, dette operazioni possono avvenire, fatte salve comunque le norme igienico sanitarie, anche nella stessa area di vendita e la specifica dicitura di cui al comma l deve figurare altresì su un cartello esposto in modo chiaramente visibile al consumatore nell'area di vendita".-

[3] Peraltro, il provvedimento impugnato fa leva su dati di fatto non contestati, relativi alle modalità di vendita constatate dall'Autorità amministrativa, secondo la cui valutazione tecnica il pane è risultato privo di protezioni ed involucri e, inoltre, facilmente accessibile senza particolari accorgimenti, né controlli da parte di chiunque.-

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