PER LA CASSAZIONE LA SINDROME DA ALIENAZIONE PARENTALE NON HA FONDAMENTO SCIENTIFICO E NON GIUSTIFICA L’AFFIDAMENTO SUPERESCLUSIVO.  NOTA ALLA PRONUNCIA N. 13217/2021 DELLA CASSAZIONE

07.06.2021

A cura dell'Avv. Laura Buzzerio

TAGS: SINDROME ALIENAZIONE PARENTALE MADRE MALEVOLA PAS 

INDICE

1) INTRODUZIONE;

2) CENNI SULLA PAS E SULLA SINDROME DELLA MADRE MALEVOLA;

3) IL FATTO;

4) LE MOTIVAZIONI DELLA SUPREMA CORTE.-

INTRODUZIONE

La Cassazione è tornata sul tema della sindrome dell'alienazione parentale (PAS) sconfessandola, probabilmente, una volta per tutte, ponendo fine all'abuso di questo istituto, come spesso accade in tanti Tribunali, dove confluiscono rancori e vendette matrimoniali/genitoriali, in danno dei figli.-

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CENNI SULLA PAS E SULLA SINDROME DELLA MADRE MALEVOLA.-

Senza presunzione di completezza, ma solo per facilitare la comprensione del percorso motivazionale della sentenza in commento, qui si seguito si riportano dei brevi cenni sugli istituti in commento.-

Il concetto di PAS fu utilizzato per la prima volta nel 1985 dal medico statunitense Richard Gardner ed attualmente viene utilizzato con riferimento a quei processi di separazioni e divorzi conflittuali, nei quali uno dei genitori, denominato alienante, avvia nei riguardi dell'altro coniuge, denominato alienato, un'autentica campagna di denigrazione, disprezzo, distruzione dell'altro nei confronti del figlio (o dei figli) che, per questo continuo "lavaggio del cervello", assumono una posizione totalmente adesiva di quella del genitore alienante, ponendosi in contrasto con quello alienato, il più delle volte - solo per un fatto statistico - individuabile in quello non collocatario.-

A solo titolo esemplificativo si precisa che le condotte alienanti si dividono in due macro gruppi :

  • Dirette (come ad esempio vietare i contatti con l'altro genitore, rendere difficili gli incontri, ostacolare il rapporto genitoriale);
  • Indirette (parlare male dell'altro genitore in sua assenza, accusarlo di mancanze inesistenti, metterlo sotto una cattiva luce).-

La Sindrome da alienazione parentale è quindi una situazione familiare nella quale un figlio rifiuta immotivatamente un genitore sulla base di una "campagna di denigrazione", posta in essere dall'altro genitore.-

Tale situazione, metaforicamente descritta come "l'uccisione del rapporto con il padre", fu definita da Jacobs, nel 1988, come "Complesso di Medea", vale a dire quel comportamento materno finalizzato alla distruzione del rapporto genitoriale in presenza di separazioni conflittuali.-

Nel 1995 il dott. Ira Daniel Turkat descriveva la 'Malicious Mother Syndrome' (c.d. "Sindrome della Madre Malevola") come l'insieme dei comportamenti adottati dalla madre, collocataria, nei confronti del padre, utilizzando la prole come veicolo per l'esecuzione e a realizzazione di queste condotte "malevole".-

Si precisa che pur chiamata "sindrome della madre malevola" , in realtà, non si tratta di un disturbo mentale, quanto, piuttosto di comportamenti, volontari e consapevoli, specifici in danno dell'altro genitore.-

Come si evince facilmente, tutte queste sindromi identificano nella figura materna, solo e soltanto sulla figura femminile, l'autrice di questi comportamenti dannosi, ma questa concezione, frutto di un retaggio culturale obsoleto, è da intendersi, ormai, superata.-

A distanza di anni, con l'evoluzione della società che ha visto una progressiva, quanto giusta, emancipazione femminile, cui corrisponde un numero maggiore di padri affidatari, tutte queste sindromi sono estensibili al ruolo genitoriale e, non già, solo alla figura materna.-

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IL FATTO

A seguito di specifico ricorso promosso da un padre, il Tribunale di Treviso, negava l'affido cd. "super-esclusivo[1]" della figlia minore, disponendone, in suo favore, l'affido esclusivo.-

Lo stesso padre presentava reclamo avverso questo provvedimento chiedendone la modifica e l'affidamento l'affido "super-esclusivo" della minore a suo favore e con la revoca del contributo al mantenimento.-

Anche la madre si opponeva al provvedimento di primo grado e, con autonomo reclamo, adiva la Corte d'Appello di Venezia, impugnando lo stesso decreto del Tribunale, chiedendone la revoca, con richiesta di affidamento condiviso della minore con collocamento prevalente della figlia presso di sé.-

La Corte di Appello di Venezia respingendo le richiesta della madre, accoglieva quelle del padre, e, in riforma del decreto impugnato, disponeva l'affido "super-esclusivo" della minore allo stesso.-

La decisione del Giudice di Appello, dopo due Ctu, si fondava sui seguenti motivi:

  • La presenza di un elevato grado di conflittualità della coppia di genitori - con difficoltà comunicative tra loro - ma anche una grave carenza delle capacità genitoriale della madre;
  • in particolare, dalla prima c.t.u., sulla base dei colloqui clinici e dell'osservazione dei comportamenti della reclamante, risultava una scarsa flessibilità della madre ad accettare il ripristino delle relazioni tra padre e figlia, emergendo la sua volontà di mantenere la figlia con sé, escludendo il padre;
  • la successiva c.t.u. aveva confermato quanto indicato nella prima, suggerendo anche l'affido "super-esclusivo" a fronte del comportamento della madre, da cui era sorto il rischio di alienazione della minore rispetto al padre (rilevando altresì che la madre sembrava affetta dalla cd. sindrome della "madre malevola"), emergendo anche psicopatologie accertabili; al riguardo, il secondo c.t.u. aveva rilevato che la madre, pur mantenendo con la figlia, almeno in apparenza, un sufficiente rapporto di accudimento, esercitava nei confronti dell'ex partner una condotta tendente ad impedirgli un normale ed affettuoso rapporto con la minore, mirando ad estraniarlo da ogni scelta che la riguardasse; la madre si era resa responsabile di una totale mancanza riflessiva su di sè e sulla minore la quale era stata fortemente segnata da "scellerati" comportamenti della stessa madre e della nonna materna; la reclamante aveva indotto due pediatri a non seguire più la minore a seguito della richiesta, da parte della madre, di certificati fasulli finalizzati ad impedire l'accesso al padre; le frequenti assenze scolastiche della minore erano imputabili alla madre, la quale aveva agito al fine di evitare il prelevamento paterno della figlia.-

Per la Corte di Appello, le conclusioni dei c.t.u. erano da condividere in quanto fondate su risultanze cliniche, oggetto di specifico accertamento di fatto, non difformi dalla reale situazione, che comprovava un comportamento materno improntato a gravi carenze della genitorialità con volontà della madre di estraniare la minore dal padre, a fronte invece della buona capacità genitoriale dimostrata dal padre.-

Avverso il provvedimento di affidamento super esclusivo, così come disposto dalla Corte di Appello, la madre ricorreva in Cassazione.-

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LE MOTIVAZIONI DELLA SUPREMA CORTE

Per la Suprema Corte, che, come detto, è tornata ad occuparsi di Pas[2], il Giudice di Appello aveva fondato la propria decisione sul contenuto delle due c.t.u., non condivisibili.-

La Corte territoriale aveva disposto il "super-affido" della minore a favore del padre

esclusivamente sul presupposto che la condotta della madre, in quanto conflittuale con i c.t.u. e con l'ex-marito, sarebbe stata finalizzata all'estraneazione della minore dal padre.-

Subito la Corte di Cassazione, nel percorso motivazione, tanto precisava, richiamando precedenti pronunce sul tema:

  • "Va osservato che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, in tema di affidamento di figli minori, qualora un genitore denunci comportamenti dell'altro genitore, affidatario o collocatario, di allontanamento morale e materiale del figlio da sè, indicati come significativi di una sindrome di alienazione parentale (PAS), ai fini della modifica delle modalità di affidamento, il giudice di merito è tenuto ad accertare la veridicità del fatto dei suddetti comportamenti, utilizzando i comuni mezzi di prova, tipici e specifici della materia, incluse le presunzioni, ed a motivare adeguatamente, a prescindere dal giudizio astratto sulla validità o invalidità scientifica della suddetta patologia, tenuto conto che tra i requisiti di idoneità genitoriale rileva anche la capacità di preservare la continuità delle relazioni parentali con l'altro genitore, a tutela del diritto del figlio alla bigenitorialità e alla crescita equilibrata e serena (Cass., n. 6919/16) ";
  • "E' stato altresì affermato che nei giudizi in cui sia stata esperita c.t.u. medico-psichiatrica (allo scopo di verificare le condizioni psico-fisiche del minore e conclusasi con un accertamento diagnostico di sindrome dell'alienazione parentale), il giudice di merito, nell'aderire alle conclusioni dell'accertamento peritale, non può, ove all'elaborato siano state mosse specifiche e precise censure, limitarsi al mero richiamo alle conclusioni del consulente, ma è tenuto - sulla base delle proprie cognizioni scientifiche, ovvero avvalendosi di idonei esperti e ricorrendo anche alla comparazione statistica per casi clinici - a verificare il fondamento, sul piano scientifico, di una consulenza che presenti devianze dalla scienza medica ufficiale e che risulti, sullo stesso piano della validità scientifica, oggetto di plurime critiche e perplessità da parte del mondo accademico internazionale, dovendosi escludere la possibilità, in ambito giudiziario, di adottare soluzioni prive del necessario conforto scientifico e potenzialmente produttive di danni ancor più gravi di quelli che intendono scongiurare" (Cass., n. 7041/13).-

L'ANALISI DEL CASO CONCRETO.-

LA CONDOTTA MATERNA, RICONDOTTA ALLA PAS, NON COSTITUISCE NESSUN FATTO PREGIUDIZIEVOLE

Passando all'analisi del caso concreto, per gli Ermellini il contenuto e le conclusioni delle c.t.u. sono in molti punti generici e non chiari circa la ritenuta carenza delle capacità genitoriali della madre.-

Infatti:

"Se è vero che non è contestato che quest'ultima abbia intrattenuto un rapporto molto conflittuale con padre, cercando, in qualche occasione, di ostacolare o impedire le visite dello stesso alla figlia, anche attraverso fatti indiscutibilmente gravi[3], è stato altresì accertato che quest'ultima manteneva con la minore "almeno in apparenza, un sufficiente rapporto di accudimento".-

Per la Cassazione:

"la Corte territoriale ha valorizzato, ai fini della decisione impugnata, alcuni rilievi critici privi di concretezza empirica, che costituiscono generiche deduzioni tratte da premesse di non univoca interpretazione; a sostegno della pronuncia in esame, la Corte territoriale ha fatto riferimento a "gravi ripercussioni ed effetti sulla minore", a "condotte scellerate" della madre senza però indicarle e specificarle, nonché ad un comportamento "improntato a gravi carenze nella genitorialità con volontà tesa ad estraniare la minore dal padre a fronte di una situazione in cui si denota la buona volontà genitoriale del padre", omettendo di esplicitare quali siano stati gli specifici pregiudizi per lo sviluppo psico-fisico della minore, peraltro non considerando le possibili conseguenze di una brusca sottrazione della minore alla madre.-

Per la Suprema Corte, invece, dai gradi di giudizio precedenti, emergeva che le asprezze caratteriali della madre erano state valutate in senso fortemente stigmatizzante, come espressione di un'ineluttabile ed irrecuperabile incapacità di esprimere le capacità genitoriali nei confronti della figlia, pur in mancanza di condotte di oggettiva trascuratezza o incuria verso quest'ultima, anche minime, o anche di mancata comprensione del difficile ruolo della madre, a fronte del riconosciuto buon rapporto di accudimento della minore.-

L'errore è concettuale e metodologico: i giudici precedenti avevano desunto che la madre fosse stata protagonista di un comportamento concretizzante l'invocata cd. PAS, facendolo derivare direttamente da un esame acritico delle predette condotte, attraverso "un implausibile sillogismo la cui premessa principale è costituita da un ingiustificato severo stigma di comportamenti della madre fondato su un mero postulato".-

In altri termini, il riferimento alla condotta tesa ad estraniare la figlia dal padre - sostanzialmente ricondotta alla cd. PAS, ovvero alla cd. "sindrome della madre malevola" - e la evidenziata conflittualità con l'ex-partner, non appaiono costituire fatti pregiudizievoli per la minore alla stregua della descrizione delle vicende occorse, tenuto comunque conto del controverso fondamento scientifico della sindrome PAS, cui le c.t.u. hanno fatto riferimento senza alcuna riflessione sulle critiche emerse nella comunità scientifica circa l'effettiva sussumibilità della predetta sindrome nell'ambito delle patologie cliniche.-

SULL'ESCLUSIVO INTERESSE DEL MINORE

Al riguardo, giova evidenziare che, in materia di affidamento dei figli minori:

  • il giudice deve attenersi al criterio fondamentale rappresentato dall'esclusivo interesse morale e materiale della prole, privilegiando quel genitore che appaia il più idoneo a ridurre al massimo il pregiudizio derivante dalla disgregazione del nucleo familiare e ad assicurare il migliore sviluppo della personalità del minore;
  • l'individuazione di tale genitore deve essere fatta sulla base di un giudizio prognostico circa la capacità del padre o della madre di crescere ed educare il figlio, che potrà fondarsi sulle modalità con cui il medesimo ha svolto in passato il proprio ruolo, con particolare riguardo alla sua capacità di relazione affettiva, di attenzione, di comprensione, di educazione, di disponibilità ad un assiduo rapporto, nonchè sull'apprezzamento della personalità del genitore, delle sue consuetudini di vita e dell'ambiente che è in grado di offrire al minore.-

Infatti: "La questione dell'affidamento della prole è rimessa alla valutazione discrezionale del giudice di merito, il quale, ove dia sufficientemente conto delle ragioni della decisione adottata, esprime un apprezzamento di fatto non suscettibile di censura in sede di legittimità (Cass., n. 28244/19)."

Nela sentenza in commento, deve escludersi che la Corte d'appello, nel disporre l'affidamento esclusivo del minore al padre, abbia garantito il migliore sviluppo della personalità del minore stesso, escludendo l'affidamento condiviso su una astratta prognosi circa le capacità genitoriali della madre fondata, in sostanza, su qualche episodio, sopra citato (pur grave) attraverso cui la madre avrebbe tentato di impedire che il padre incontrasse la bambina, senza però considerare la possibilità di intraprendere un percorso di effettivo recupero delle capacità genitoriali della stessa, nell'ambito di un equilibrato rapporto con l'ex-partner, e che soprattutto valorizzasse il positivo rapporto di accudimento intrattenuto con la minore.-

SULLA SINDROME DI ALIENAZIONE PARENTALE

Ne consegue la censurabilità del riferimento al padre quale unico genitore "in grado di dare equilibrio e serenità alla bambina", affermazione che è il diretto precipitato di quanto argomentato sulla PAS.-

Per la Cassazione, la pronuncia impugnata appare, dunque, essere espressione di una inammissibile valutazione di tatertyp[4], ovvero configurando, a carico della ricorrente, nei rapporti con la figlia minore, una sorta di "colpa d'autore" connessa alla postulata sindrome.-

Vale a dire che le condotte delle madre, seppure di certo non meritevoli, non possono configurare automaticamente la sussistenza di una sindrome di alienazione parentale.-

Naturalmente, la Cassazione non poteva entrare nel merito della fondatezza scientifica della suddetta PAS, ma, in base agli orientamenti giurisprudenziali, come indicati sub nota n. 2, di fatto, aveva stabilito che le contestazioni mosse alla madre non giustificavano le gravi disposizioni presenti nelle pronunce precedenti, vale a dire l'affido super esclusivo in favore del padre.-


[1] Con questo istituto si autorizza il genitore affidatario ad assumere autonomamente tutte le decisioni concernenti i minori, anche quelle connesse alle questioni di maggiore importanza, in deroga alla regola di base della condivisione genitoriale nelle scelte di significativo interesse per i figli.-

[2] Si segnalano i seguenti precedenti uniformi Cass. n. 18817/2015, Cass. n. 22744/2017; Cass. Civ. 6919/2016.-

[3] Quali i certificati medici falsi e le assenze scolastiche del minore che la Corte di merito imputava alla madre.-

[4] Per spiegare la quale, si riporta pedissequamente quanto riferito dall'avvocato Antonio Voltaggio - legale della madre ricorrente - in un commento a caldo: "la 'tatertyp' ('tipo di reo') è un termine giuridico tedesco, che fa riferimento a una teoria nata in Germania nel 1940, in pieno periodo nazista, basata sull'idea che si può essere soggetti a punizione non tanto per il fatto commesso quanto piuttosto per il modo d'essere della persona. Dunque, nel caso specifico, la madre è stata stigmatizzata dalla Corte veneziana non in quanto 'madre inadeguata', ma per il suo carattere e per un pregiudizio sulle donne che trova il suo fondamento nella sindrome della pas, che ritiene le madri alienanti e cattive genitrici"- Passo tratto da https://www.dire.it/19-05-2021/635109-minori-rdinanza-storica-della-cassazione-la-pas-come-teoria-nazista/ 

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