PER LA CASSAZIONE LA RICHIESTA DI SPESE PER LA DISATTIVAZIONE DELL’UTENZA COMPORTA LA CONDANNA PER ABUSO DEL PROCESSO DELLA COMPAGNIA TELEFONICA. COMMENTO ALLA SENTENZA 10039/2022

28.04.2022

A cura dell'Avv. Laura Buzzerio

TAGS: SPESE RECESSO CHIUSURA CONTRATTO TELEFONICO

INDICE

1)IL FATTO;

2) INQUADRAMENTO GIURIDICO DELLA FATTISPECIE;

3) IL RICORSO PER CASSAZIONE;

4) LA CONDANNA DELLA COMPAGNIA TELEFONICA PER ABUSO DEL PROCESSO.-

[1]

IL FATTO

Una consumatrice[1] citava una nota Compagnia telefonica, avanti il Giudice di Pace di Barletta, lamentando l'illegittimo addebito della somma di Euro 35,18 a titolo di spese di disattivazione dell'utenza telefonica, in violazione della legge. n. 40/2007[2], art. 1, comma 3, nonché dei principi di correttezza e buona fede nell'esecuzione del contratto.-

Il Giudice di Pace di Barletta con la sentenza n. 53/2016, prima, e il Tribunale di Trani - attinto dall'appello - poi, con la decisione n. 2676-2019, accoglievano la domanda della consumatrice e condannavano la Compagnia telefonica a restituire la somma di Euro 35,18, alla luce che nessuna clausola contrattuale, men che meno sottoscritta dall'utente, autorizzava la richiesta e la riscossione di detta somma.-

[2]

INQUADRAMENTO GIURIDICO DELLA FATTISPECIE

Nella specie era stato stipulato un contratto c.d. per adesione, cioè quei contratti, le cui condizioni sono predisposte unilateralmente da una parte (l'imprenditore, in questo caso la Compagnia telefonica) in vista della regolazione di un numero indefinito di rapporti, tutti sottoposti alla medesima disciplina negoziale, e nei quali il soggetto aderente (l'utente) non ha possibilità concrete di incidere sul contenuto del negoziale, il quale viene accettato in blocco, appunto con un atto di adesione, o rifiutato in blocco.-

Tale tipologia di contratti è regolata dall'art. 51 del Codice del Consumo, nonché dall'art. 1341 c.c., che, al primo comma, prevede che le condizioni generali di contratto predisposte da uno dei contraenti sono efficaci nei confronti dell'altro, se al momento della conclusione del contratto questi le ha conosciute o avrebbe dovuto conoscerle usando l'ordinaria diligenza.-

In caso di contestazione, la conoscenza o la conoscibilità delle clausole generali deve essere comprovata ai sensi dell'art. 2697 c.c., dal predisponente.-

Infine, si precisa che la conoscenza o la conoscibilità devono precedere la conclusione del contratto e non seguirla, nonché che la conoscibilità deve essere collegata alla stipula di uno specifico contratto e non deve intendersi come generica conoscibilità (ne deriva che la conoscibilità della facoltà di leggere le condizioni contrattuali sul sito istituzionale della Compagnia telefonica o dell'Agcom, si concretizza solo dopo al conclusione del contratto e non prima e deve valutarsi come tardiva).-

[3]

IL RICORSO IN CASSAZIONE

Avverso la pronuncia del Tribunale di Trani, la Compagnia telefonica proponeva ricorso per Cassazione, sul presupposto che per l'efficacia ed operatività della clausola, relativa all'addebito delle spese di attivazione, in caso di recesso, non fosse necessaria la sottoscrizione, non trattandosi in quelle "vessatorie" ex art. 1341, secondo comma.-

In particolare, la Compagnia telefonica lamentava un non sussistente obbligo di informazione a suo carico, che ricadeva, viceversa, sull'utente, vista l'ampia diffusione delle clausole generali su tutto il territorio nazionale e la loro agevole consultabilità tramite il sito istituzionale.-

Tuttavia, il ricorso veniva dichiarato inammissibile per una serie di motivi, tra cui quello della mancata produzione in giudizio proprio della clausole contrattuali, per cui vi era causa.-

[4]

LA CONDANNA DELLA COMPAGNIA TELEFONICA PER ABUSO DEL PROCESSO

Se il principio di diritto espresso dalla giurisprudenza di merito, nei primi due gradi, non è una novità[3] - in particolare per il Tribunale di Trani dove il principio è ormai consolidato[4] - è interessante evidenziare come la Corte di Cassazione sanzioni la condotta processuale della Compagnia telefonica, condannandola per abuso del processo, ex art. 96, comma 3, cpc.-

Per la Suprema Corte, infatti, la Compagnia telefonica, "nonostante il rispetto formale del diritto processuale, ha esercitato le sue prerogative giudiziali in modo abusivo, più precisamente scorretto [...] senza alcuna considerazione per l'interesse superiore ad un efficiente svolgimento del processo, che risulta leso da un aumento del volume del contenzioso, ostacolo alla ragionevole durata dei processi pendenti, nonchè dallo spreco di risorse [...] giacchè ha prospettato assunti difensivi palesemente eccentrici [...].-

E' opportuno sottolineare come "l'applicazione dell'art. 96, comma 3 c.p.c. non richieda, quale elemento costitutivo della fattispecie, il riscontro dell'elemento soggettivo del dolo o della colpa grave, bensì di una condotta oggettivamente valutabile alla stregua di "abuso del processo", quale l'aver agito o resistito pretestuosamente"[5].-

Sotto questo profilo la condanna per abuso del processo deve qualificarsi come una vera e propria pena pecuniaria inflitta per sanzionare colui che abbia abusato dello strumento processuale, nonché abbia così appesantito inutilmente il corso della Giustizia, agendo con imprudenza, colpa o dolo (Trib. Roma, 28 settembre 2017; Cass. Civ., 8 febbraio 2017, n.3311; Cass. Civ., 19 aprile 2016, n. 7726 ed altre) poiché tale funzione deterrente "non è ontologicamente incompatibile con l'ordinamento italiano, come anche l'istituto, di origine statunitense, dei "risarcimenti punitivi" (Cass. SSUU 16601/2017)

In effetti, non solo l'importo del giudizio era assai modesto, ma, visto l'esito dei due gradi di giudizio di merito, anche in virtù del principio della doppia conforme, nonché dell'orientamento consolidato sul punto, probabilmente la Compagnia telefonica avrebbe dovuto evitare di "ingolfare" la macchina della Giustizia.-

NOTE

[1] Assistita dall'avv. Savino Massimo Ferrini, appartenente al Foro di Trani.-

[2] Vale a dire la legge che convertito il decreto Bersani bis (decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 7) che, all'art. 1, comma 3, tanto prevede:

"I contratti per adesione stipulati con operatori di telefonia e di reti televisive e di comunicazione elettronica, indipendentemente dalla tecnologia utilizzata, devono prevedere la facolta' del contraente di recedere dal contratto o di trasferire le utenze presso altro operatore senza vincoli temporali o ritardi non giustificati e senza spese non giustificate da costi dell'operatore e non possono imporre un obbligo di preavviso superiore a trenta giorni. Le clausole difformi sono nulle, fatta salva la facolta' degli operatori di adeguare alle disposizioni del presente comma i rapporti contrattuali gia' stipulati alla data di entrata in vigore del presente decreto entro i successivi sessanta giorni.".-

[3] Si veda, ad esempio, Tribunale di Taranto sentenza n. 2707/2016; Tribunale di Santa Maria Capua Vetere sentenza del 10/3/2018, nonché quelle del Giudice di Pace di Palermo n. 1036 e n. 2526 del 2019.-

[4] Si vedano le pronunce 225/2021; 172/2021; 1155/2021; 2231/2021; 21/2022; 22/2022, tutte del Tribunale di Trani, in sede di gravame e confermative delle sentenze di primo grado.-

[5] Tribunale Velletri sentenza n. 82/2022.-

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