PER IL TRIBUNALE DI BARI E’ ILLEGITTIMO ESLUDERE, CON CRITERI ARBITRARI, UN LAVORATORE DA UNA CESSIONE D’AZIENDA, MASCHERATA DA CESSIONE DI RAMO. COMMENTO ALLA SENTENZA N. 1719/2022

23.11.2022

A cura dell'Avv. MicheleAlfredo Chiariello 

TAGS: CESSIONE D'AZIENDA - CESSIONE RAMO - CASSA INTEGRAZIONE -

INDICE

1 ) IL FATTO;

2) SULLA NOZIONE DI RAMO D'AZIENDA;

3) LA DECISIONE DEL TRIBUNALE DI BARI.-

[1]

IL FATTO

A seguito di un accordo tra due società - avente ad oggetto la cessione, solo del ramo di azienda costituito dall'area "food- prodotti alimentari di prima necessità", con esclusione del reparto "no food" - e sulla base di criteri di selezione prestabiliti, transitavano alla cessionaria, ex art 2112 cc, solo 76 lavoratori su 137 dipendenti totali.-

Un lavoratore[1] - escluso da tale trasferimento, restato alle dipendenze della cedente e, poco dopo, collocato in cassa integrazione a zero ore - impugnava, avanti il Tribunale del Lavoro di Bari[2] la legittimità dell'accordo di cessione, per violazione dell'art 2112 cc, nonché la disapplicazione in concreto dei criteri di selezione del personale da trasferire alla cessionaria.-

[2]

SULLA NOZIONE DI RAMO D'AZIENDA

Se l'art. 2555 c.c. definisce "l'azienda come il complesso dei beni organizzati dall'imprenditore per l'esercizio dell'impresa", può definirsi ramo di azienda "un complesso di beni organizzati per un fine produttivo, inserito in un più ampio apparato imprenditoriale.".-

Con la cessione d'azienda, viene ceduta l'intera azienda, con la cessione del ramo d'azienda, solo una porzione di essa, strutturata e organizzata autonomamente, e che, pertanto, risulta idonea all'esercizio dell'impresa.-

Ciò implica, innanzitutto, che il ramo di azienda deve possedere un certo grado di autonomia funzionale, senza diventare un autonomo centro di imputazione di rapporti giuridici.-

La cessione dell'azienda, nella sua totalità o in una sua parte, incide inevitabilmente sui rapporti di lavoro preesistenti e, di conseguenza, il legislatore ha previsto una specifica norma, l'art. 2112 c.c[3], a tutela dei lavoratori.-

La ratio della norma è chiara: la garanzia della conservazione, per il lavoratore, del proprio posto, indipendentemente dalla cessione dell'azienda.-

Tale differenza è recepita, uniformemente, dalla giurisprudenza: "[...] ai fini del trasferimento di ramo d'azienda previsto dall' art. 2112 c.c., costituisce elemento costitutivo della cessione l'autonomia funzionale del ramo ceduto, ovvero la sua capacità, già al momento dello scorporo, di provvedere ad uno scopo produttivo con i propri mezzi funzionali ed organizzativi e quindi di svolgere - autonomamente dal cedente e senza integrazioni di rilievo da parte del cessionario - il servizio o la funzione cui risultava finalizzato nell'ambito dell'impresa cedente al momento della cessione [...] l'autonomia dell'entità ceduta deve, in ogni caso, preesistere al trasferimento [...]" (Cassazione civile, sez. lav., n. 22249/2021; Tribunale, Roma, sez. lav., 30/06/2021, n. 6378; Corte appello, Milano, sez. lav., 04/12/2020, n. 617).-

[3]

LA DECISIONE DEL TRIBUNALE DI BARI

La questione, nel caso di specie, ruotava principalmente attorno alla possibilità di qualificare il reparto "food", oggetto di cessione, come autonomo ramo di azienda, suscettibile di separato trasferimento, ovvero come mera articolazione organizzativa interna all'azienda, che quindi sarebbe ceduta nel suo complesso.-

Le conseguenze, ovviamente sono diverse, come anticipato nel paragrafo precedente.-

Per il Tribunale di Bari, diversi elementi tra quelli acquisiti inducono a ritenere che il trasferimento abbia avuto ad oggetto non solo un ramo dell'azienda (quello alimentare appunto) ma l'azienda nella sua interezza, tra questi:

  • un volantino promozionale allegato da parte ricorrente si evinceva che, a seguito della cessione del solo ramo "food", la cedente effettuava vendita non solo di beni alimentari, ma anche di detersivi e di prodotti per l'igiene della casa nonché di elettrodomestici, in misura ridotta anche in considerazione delle ristrette dimensioni della cessionaria;
  • l'assenza di una residua autonomia produttiva ed economica in capo alla cedente si desumeva dalla circostanza che i dipendenti non ceduti (tra cui il ricorrente) che non hanno aderito alle procedure di mobilità incentivata, erano stati collocati in cassa integrazione;
  • I singoli reparti non erano strutture dotate di autonomia funzionale, in quanto prive di propri mezzi destinati alla realizzazione di un risultato produttivo;
  • I vari reparti facevano capo ad un'unica società che acquista e rivende beni di consumo, assume e retribuisce i dipendenti a prescindere dal reparto cui gli stessi sono adibiti;
  • vi era una notevole fungibilità tra i dipendenti, che venivano adibiti a mansioni di volta in volta diverse in base alle esigenze. Lo stesso ricorrente ha svolto compiti eterogenei.-

Da ciò derivava il difetto di autonomia funzionale del ramo "no food" e, di conseguenza, l'impossibilità di qualificare il reparto "food" ceduto come ramo di azienda, dovendo ritenersi che oggetto di trasferimento sia stata l'azienda nel suo complesso.-

Di conseguenza, il ricorso veniva accolto.-

NOTE

[1] Nel presente giudizio assistito dall'Avv. Antonio Lacerenza.-

[2] Davvero interessante sul punto è il ragionamento del Tribunale, che riconosce piena legittimazione al lavoratore, nonché l'interesse qualificato ad agire ex art. 100 cpc.-

Se l'art 100 cpc prevede che per agire in giudizio è necessario avere un interesse concreto ed attuale, che si sostanzia nella possibilità di trarre dal giudizio un'utilità concreta nel caso di specie, il lavoratore - sebbene avesse conservato il suo posto alle dipendenze della cedente - è stato poi collocato in cassa integrazione a zero ore, percependo un trattamento di integrazione salariale e non l'intero stipendio che avrebbe percepito se fosse transitato alle dipendenze della cessionaria, con evidente ed attuale depauperazione del proprio reddito personale

[3] Art. 2112 c.c.:

In caso di trasferimento d'azienda, il rapporto di lavoro continua con il cessionario ed il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano.-

Il cedente ed il cessionario sono obbligati, in solido, per tutti i crediti che il lavoratore aveva al tempo del trasferimento. Con le procedure di cui agli articoli 410 e 411 del codice di procedura civile il lavoratore può consentire la liberazione del cedente dalle obbligazioni derivanti dal rapporto di lavoro.-

Il cessionario è tenuto ad applicare i trattamenti economici e normativi previsti dai contratti collettivi nazionali, territoriali ed aziendali vigenti alla data del trasferimento, fino alla loro scadenza, salvo che siano sostituiti da altri contratti collettivi applicabili all'impresa del cessionario. L'effetto di sostituzione si produce esclusivamente fra contratti collettivi del medesimo livello.-

Ferma restando la facoltà di esercitare il recesso ai sensi della normativa in materia di licenziamenti, il trasferimento d'azienda non costituisce di per sé motivo di licenziamento. Il lavoratore, le cui condizioni di lavoro subiscono una sostanziale modifica nei tre mesi successivi al trasferimento d'azienda, può rassegnare le proprie dimissioni con gli effetti di cui all'articolo 2119, primo comma.-

Ai fini e per gli effetti di cui al presente articolo si intende per trasferimento d'azienda qualsiasi operazione che, in seguito a cessione contrattuale o fusione, comporti il mutamento nella titolarità di un'attività economica organizzata, con o senza scopo di lucro, preesistente al trasferimento e che conserva nel trasferimento la propria identità a prescindere dalla tipologia negoziale o dal provvedimento sulla base del quale il trasferimento è attuato ivi compresi l'usufrutto o l'affitto di azienda. Le disposizioni del presente articolo si applicano altresì al trasferimento di parte dell'azienda, intesa come articolazione funzionalmente autonoma di un'attività economica organizzata, identificata come tale dal cedente e dal cessionario al momento del suo trasferimento.-

Nel caso in cui l'alienante stipuli con l'acquirente un contratto di appalto la cui esecuzione avviene utilizzando il ramo d'azienda oggetto di cessione, tra appaltante e appaltatore opera un regime di solidarietà di cui all'articolo 29, comma 2, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276.-

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