MIA MOGLIE NON LAVA E NON STIRA, VOGLIO LA SEPARAZIONE! MA PER IL GIUDICE NON E' AMMISSIBILE TALE SOTTOMISSIONE DOMESTICA.- BREVE NOTA ALLA SENTENZA 1092/2021 DEL TRIBUNALE CIVILE DI FOGGIA

18.05.2021

A cura dell'Avv. MicheleAlfredo Chiariello

TAGS: PARITA' DI GENERE - OBBLIGHI DERIVANTI DAL MATRIMONIO 

Indice

· INTRODUZIONE;

· LA DECISIONE DEL TRIBUNALE DI FOGGIA;

· CONCLUSIONI.-

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INTRODUZIONE

"Mia moglie non lava, non stira e non cucina: voglio la separazione"!

Con queste motivazioni un marito, stanco della poca attitudine domestica della moglie, si rivolgeva al Tribunale di Foggia, per ottenere i provvedimenti giurisdizionali del caso.-

Più in particolare, il marito, a fondamento della richiesta di separazione, ma soprattutto della pretesa di addebito, aveva dedotto che la moglie, disoccupata, aveva mostrato "un contegno di disinteresse e indifferenza per il partner, teso a violare gli obblighi coniugali della collaborazione e della contribuzione nell'interesse della famiglia, nonché l'assistenza materiale e morale. Tali comportamenti manifestati nel rifiuto di predisporre piatti caldi, piuttosto che lavare gli indumenti personali...", affermando che, autonomamente, provvedeva a fare la spesa e andava a consumare la colazione a casa della madre, presso la quale indossava gli abiti da lavoro, che la stessa provvedeva poi a lavare.-

La moglie contestava i predetti assunti, chiedendo a sua volta l'addebito, in quanto il marito, nel corso del matrimonio, avrebbe osservato una condotta "trasgressiva", intrecciando una relazione extraconiugale, motivo della rottura del rapporto; sulla questione del mancato lavaggio degli indumenti personali da lavoro (divise mediche), si difendeva affermando tanto era giustificato dalla esigenza di non contaminare gli indumenti del figlio, comune, minore.-

[2]

LA DECISIONE DEL TRIBUNALE DI FOGGIA.-

Il collegio foggiano, Giudice Relatore Dott. Paolo Rizzi, aveva respinto le reciproche domande di addebito.-

Per quanto riguarda quella avanzata dalla moglie, basata sulla relazione fedifraga del marito, il Tribunale tanto statuiva:

"E' bene rammentare che l'inosservanza dell'obbligo di fedeltà coniugale rappresenta una violazione particolarmente grave, la quale, determinando normalmente l'intollerabilità della prosecuzione della convivenza, costituisce, di regola, circostanza sufficiente a giustificare l'addebito della separazione al coniuge responsabile, sempreché non si constati, attraverso un accertamento rigoroso ed una valutazione complessiva del comportamento di entrambi i coniugi, la mancanza di nesso causale tra infedeltà e crisi coniugale, tale che ne risulti la preesistenza di una crisi già irrimediabilmente in atto, in un contesto caratterizzato da una convivenza meramente formale (cfr. Cass. n. 16859/2015)"

Nel caso di specie

"Proprio la dichiarazione della donna[1] lascia pensare che i disaccordi tra le parti abbiano minato le basi della famiglia e che la lamentata liason e l'abbandono del tetto coniugale ne siano stati una mera conseguenza".-

Decisamente più interessante è il percorso motivazionale, che porta il Giudicante dauno a respingere la richiesta di addebito, come formulata dal marito:

"a seguito del matrimonio i coniugi assumono gli stessi diritti e gli stessi doveri, sono tenuti all'obbligo reciproco di fedeltà, all'assistenza morale e materiale, alla collaborazione nell'interesse della famiglia ed alla coabitazione, insomma sono posti su un piano del tutto paritario. Non è quindi previsto che su un coniuge siano addossati tutti i compiti di cura della casa e della prole, poiché entrambi sono tenuti a svolgere le stesse mansioni, e ciò anche nell'ipotesi in cui uno solo di essi lavori, poiché non sarebbe ammissibile una situazione di sottomissione dell'altro a svolgere lavori di mera cura dell'ordine domestico, al quale sono peraltro tenuti anche i figli, nell'ottica di una educazione responsabile.".-

[3]

CONCLUSIONI

Per quanto "curiosa" la pronuncia non è altro che una manifestazione "processuale" della previsione normativa dei diritti e doveri all'interno del matrimonio, così come previsti dal codice civile - in particolare dall'art. 143 e seguenti, la cui violazione, oltre che fonte di addebito, può dare vita ad una ipotesi di risarcimento del danno[2] - ed ancora prima in una regola non scritta, ma sempre più attuale, cioè quella della parità di genere.-


[1] Nel corso dell'udienza presidenziale aveva riferito che non andava più d'accordo con il marito già da tempo.-

[2] Sul punto si veda la pronuncia del Tribunale Reggio Emilia, 24 Giugno 2020. Est. Morlini, in https://mobile.ilcaso.it/sentenze/ultime/23833#gsc.tab=0 

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