LICENZIAMENTO LEGITTIMO SE IL LAVORATORE UTILIZZA I PERMESSI 104/92 PER ANDARE AL MARE.-        Breve commento alla sentenza n. 17102/2021 della Cassazione

21.06.2021

A cura dell'Avv. MicheleAlfredo Chiariello

TAGS: PERMESSI 104 ABUSO - LICENZIAMENTO LEGITTIMO - CONTROLLI

INDICE

· INTRODUZIONE;

· IL FATTO;

· LA DECISIONE DELLA CASSAZIONE

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INTRODUZIONE

La Corte di Cassazione Sezione Lavoro (Presidente Adriana Doronzo), qualche giorno fa, è tornata ad affrontare una fattispecie attinente un licenziamento, intimato a seguito ad un uso difforme dei permessi previsti dalla legge 104/1992[1], confermandone la piena legittimità.-

[2]

IL FATTO

Un dipendente delle Poste Italiane veniva licenziato, a seguito di accertamento investigativo, che aveva evidenziato che il lavoratore, chiedendo, ed ottenendo, dei giorni di permesso, ai sensi della L. n. 104 del 1992, per assistere la madre, viceversa, in quei giorni, si era intrattenuto in attività incompatibili con l'assistenza, essendosi recato prima presso il mercato, poi al supermercato e infine al mare con la famiglia, piuttosto che presso l'abitazione della madre, convivente con il marito.-

Tale licenziamento veniva impugnato avanti il Tribunale del Lavoro di Trani, ma, sia in primo, che in secondo grado, veniva stabilità le legittimità dello stesso; avverso il provvedimento della Corte di Appello di Bari, il lavoratore ricorreva in Cassazione.-

[3]

LA DECISIONE DELLA CASSAZIONE

La Cassazione, dopo aver ribadito la possibilità[2] per il datore di lavoro di controllare il lavoratore, anche fuori dall'orario di lavoro, perché finalizzato a verificare l'illecito uso dei permessi ex art. 104/92, confermava la legittimità del licenziamento, in quanto;

- alla luce del consolidato principio espresso dalla giurisprudenza di legittimità, in forza del quale l'assenza dal lavoro per usufruire di permesso ai sensi della L. n. 104 del 1992 deve porsi in relazione causale diretta con lo scopo di assistenza al disabile, con la conseguenza che il comportamento del dipendente che si avvalga di tale beneficio per attendere ad esigenze diverse integra l'abuso del diritto e viola i principi di correttezza e buona fede, sia nei confronti del datore di lavoro che dell'Ente assicurativo, con rilevanza anche ai fini disciplinari[3];

"Colui che usufruisce dei permessi retribuiti ex art. 33 L. n. 104 del 1992, pur non essendo obbligato a prestare assistenza alla persona bisognosa nelle ore in cui avrebbe dovuto svolgere attività lavorativa, non può, tuttavia, utilizzare quei giorni come se fossero giorni feriali senza prestare alcuna assistenza alla persona interessata[4]";

- "il beneficio comporta un sacrificio organizzativo per il datore di lavoro, giustificabile solo in presenza di esigenze riconosciute dal legislatore (e dalla coscienza sociale) come meritevoli di superiore tutela. Ove il nesso causale tra assenza dal lavoro ed assistenza al disabile manchi del tutto non può riconoscersi un uso del diritto coerente con la sua funzione e dunque si è in presenza di un uso improprio ovvero di un abuso del diritto[5] o, secondo altra prospettiva, di una grave violazione dei doveri di correttezza[6] e buona fede sia nei confronti del datore di lavoro (che sopporta modifiche organizzative per esigenze di ordine generale) che dell'Ente";

in tema di licenziamento per giusta causa, l'accertamento dei fatti ed il successivo giudizio in ordine alla gravità e proporzione della sanzione espulsiva adottata sono demandati all'apprezzamento del giudice di merito[7].-


[1]https://www.inps.it/pages/standard/46180

[2] Aderendo all'orientamento maggioritario, per il quale "il controllo, demandato dal datore di lavoro ad un'agenzia investigativa, finalizzato all'accertamento dell'utilizzo improprio, da parte di un dipendente, dei permessi ex art. 33 L. 5 febbraio 1992, n. 104 (contegno suscettibile di rilevanza anche penale) non riguarda l'adempimento della prestazione lavorativa, essendo effettuato al di fuori dell'orario di lavoro ed in fase di sospensione dell'obbligazione principale di rendere la prestazione lavorativa, sicché esso non può ritenersi precluso ai sensi degli artt. 2 e 3 dello statuto dei lavoratori" (v. Cass. n. 4984/2014).

[3] Sul punto, ex plurimis, Cass.n. 23434/2020: "Il comportamento difforme del prestatore di lavoro [...] rispetto alla funzione dello stesso, ossia l'assistenza del familiare disabile, integra un abuso del diritto, in quanto priva il datore di lavoro della prestazione lavorativa ed integra, nei confronti dell'Ente di previdenza erogatore del trattamento economico, un'indebita percezione dell'indennità ed uno sviamento dell'intervento assistenziale".-

[4] Ex plurimis Cass. n. 54712/2016.-

[5] Ex plurimis Cass 17968/2016.-

[6] Ex plurimis Cass. n.21529/2019.-

[7] Ex plurimis Cass. n. 18195/2019: "In tema di licenziamento per giusta causa, ai fini della valutazione di proporzionalità è insufficiente un'indagine che si limiti a verificare se il fatto addebitato è riconducibile alle disposizioni della contrattazione collettiva che consentono l'irrogazione del licenziamento, essendo sempre necessario valutare in concreto se il comportamento tenuto, per la sua gravità, sia suscettibile di scuotere la fiducia del datore di lavoro e di far ritenere che la prosecuzione del rapporto si risolva in un pregiudizio per gli scopi aziendali, con particolare attenzione alla condotta del lavoratore che denoti una scarsa inclinazione ad attuare diligentemente gli obblighi assunti e a conformarsi ai canoni di buona fede e correttezza".-

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