LA SUPREMA CORTE SI TRAVESTE DA VECCHIA INSEGNANTE DI GRAMMATICA E SANZIONA IL CAOS DIFENSIVO. CASS. N. 12111/2025

12.05.2025
disclaimer: l'immagine è puramente illustrativa
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A CURA DELL'AVV.MICHELEALFREDO CHIARIELLO

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1) INTRODUZIONE;

2) LA SENTENZA DELLA CASSAZIONE;

3) CONCLUSIONI.-

Hai fretta? Andiamo dritti al sodo

1️⃣ ✍️ Ricorso illeggibile – La Cassazione dichiara inammissibile un ricorso confuso, sgrammaticato e privo di logica difensiva.

2️⃣ ⚖️ Condanna esemplare – La Suprema Corte ravvisa anche una ipotesi di responsabilità ex art. 96 c.p.c. per aver presentato un atto indecifrabile.

3️⃣ 👩‍🏫 Lezione di stile – La Corte richiama la necessità di chiarezza e sintesi, trasformandosi in un'inflessibile prof di grammatica legale.

*****

1. INTRODUZIONE

Cosa succede se un avvocato redige un ricorso per Cassazione contorto, barocco, sgrammaticato, inconcludente, e magari pure gonfio di citazioni inutili, fatti irrilevanti e frasi che iniziano ma non si capisce mai dove vogliano finire?

Scopriamolo con una recente sentenza della Suprema Corte destinata a fare scuola, ma anche tante polemiche.-

2. LA SENTENZA DELLA CASSAZIONE

Con l'ordinanza n. 12111/2025, la Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso per "insuperabile oscurità e confusione", sanzionando il difensore non solo sul piano processuale, ma anche economico, con condanna ex art. 96, co. 3, c.p.c. per responsabilità aggravata.- Secondo quanto ricostruito nel provvedimento, mancherebbero, nel ricorso, l'esposizione saliente del giudizio, le censure ragionate contro la sentenza impugnata, la ricostruzione della vicenda processuale nelle sue tappe essenziali. Il tutto condito da riferimenti ridondanti, fatti inesplicati e circostanze irrilevanti. Insomma, un caos linguistico e giuridico tale da impedire ogni scrutinio.-

La Corte non si è limitata a rilevare l'inadeguatezza tecnica, ma ha colto l'occasione per ribadire, con tono severo, il principio della necessaria chiarezza e sinteticità degli atti giudiziari.- Un'esigenza ormai trasversale, che trova eco nell'art. 121 c.p.c. riformato dalla c.d. Riforma Cartabia, nel codice del processo amministrativo (art. 3, co. 2), nelle Guidelines for lawyers della Corte di Giustizia dell'Unione Europea, fino alla Rule 8 delle Federal Rules of Civil Procedure statunitensi.-

Interessante e inedito il richiamo comparatistico alla giurisprudenza statunitense: nella causa Stanard v. Nygren, un ricorso fu ritenuto inammissibile per "lack of punctuation", a causa di 23 frasi di oltre 100 parole, con punteggiatura ballerina e/o assente.-

3. CONCLUSIONI

Ci piacerebbe, davvero, poter mettere le mani sul ricorso oggetto dell'ordinanza n. 12111/2025 della Cassazione. Più per curiosità antropologica che per interesse giuridico: perché, a leggere la pronuncia, sembra che la Corte si sia trovata davanti non a un atto difensivo, ma a una specie di esperimento sociolinguistico.-
La Suprema Corte, nel ruolo di una vecchia insegnante di italiano – severa, armata di penna rossa e nostalgia per la grammatica perduta – bacchetta il giovane scolaro… solo che il "giovane" in questione è un avvocato cassazionista, e quindi, in teoria, con almeno un decennio di esperienza alle spalle.
E allora viene da chiedersi: ok, magari il ricorso era un po' contorto, magari sfuggiva qualche passaggio, ma gli strafalcioni ortografici? Le frasi infinite? Le maiuscole abusive, le subordinate anarchiche, la punteggiatura in sciopero?
Ma – altra domanda che sorge spontanea – la Cassazione non era il giudice della legittimità?

Sia chiaro: scrivere un ricorso per Cassazione è difficile, e la chiarezza è un dovere. Ma questo provvedimento – a tratti ridondante, forse eccessivo – rischia di apparire più come una ramanzina alla categoria forense che non come un atto giurisdizionale.-
Anche perché, diciamocelo: quante volte leggiamo sentenze zeppe di errori grammaticali, sviste logiche, refusi e orrori terminologici? Eppure nessuno lì applica l'art. 96 c.p.c. ai redattori delle motivazioni.-
Insomma, tra giudici che scrivono male e avvocati che scrivono peggio, forse sarebbe opportuna una ripassata per tutti!

📌 ARTICOLO 96, COMMA 3, C.P.C. – RESPONSABILITÀ AGGRAVATA PER ABUSO DEL PROCESSO

"In ogni caso, quando pronuncia sulle spese, il giudice, anche d'ufficio, può condannare la parte soccombente al pagamento, a favore dell'altra parte, di una somma equitativamente determinata."

🔍 Di cosa si tratta?
È una forma autonoma di responsabilità aggravata, che consente al giudice di sanzionare la parte che ha agito o resistito in giudizio con colpa grave, anche in assenza di dolo o mala fede.

⚖️ Quando si applica?

  • In presenza di abuso del processo, anche non doloso

  • Quando la posizione processuale della parte soccombente risulta manifestamente infondata

  • Anche d'ufficio, senza necessità di apposita richiesta di parte

💰 Quale sanzione?
Il giudice può condannare la parte soccombente a versare una somma di denaro (ulteriore rispetto alle spese legali) a titolo di sanzione equitativa, in favore della controparte.

📎 Funzione?

  • Deflattiva: scoraggia le liti temerarie o inutili

  • Sanzionatoria: punisce comportamenti processuali scorretti

  • Compensativa: tutela la parte che ha subito un danno da condotta processuale abusiva

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