LA SANZIONE PER IL MANCATO RISPETTO DELLE QUOTE ROSA E’ PECUNIARIA, MA NON REALE .- COMMENTO ALLA SENTENZA N. 95/2021 DEL TAR PUGLIA

25.07.2021

A cura dell'avv. Laura Buzzerio

TAGS: QUOTE ROSA - MANCATO RISPETTO - SANZIONE PECUNIARIA

INDICE

· Introduzione;

· La normativa di riferimento;

· La decisione del Tar Puglia;

· Conclusioni.-

INTRODUZIONE

I ricorrenti, nella qualità di cittadini elettori ed in parte anche di legali rappresentanti di Associazioni che promuovono la parità di genere, avevano impugnano il verbale di proclamazione degli eletti al Consiglio regionale pugliese alla tornata del 20-21 settembre 2020, nella parte in cui erano stati proclamati eletti n. 6 candidati appartenenti a liste non rispettose della proporzione cd. 60/40, in violazione della normativa -statale e regionale- in tema di promozione delle pari opportunità tra donne e uomini nell'accesso alle cariche elettive.-

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LA NORMATIVA DI RIFERIMENTO

Per meglio comprendere la questione, appare opportuno riportare la normativa di riferimento:

Il principio di parità di accesso alle cariche elettive e della sua obbligatoria promozione, che poggia evidentemente sul principio di uguaglianza sostanziale scolpito nell'art. 3 della Costituzione, è previsto:

  • dall'art. 52 e dall''art.117 della Costituzione, che, nel ripartire la potestà legislativa tra Stato e Regioni e fissare i principi ai quali la legislazione regionale deve conformarsi, così recita al comma 7: "Le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica e promuovono la parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive";
  • dall'art. 122 della Costituzione: "Il sistema di elezione e i casi di ineleggibilità e di incompatibilità del Presidente e degli altri componenti della Giunta regionale, nonché dei consiglieri regionali sono disciplinati con legge della Regione nei limiti dei principi fondamentali stabiliti con legge della Repubblica, che stabilisce anche la durata degli organi elettivi";
  • proprio in attuazione del predetto art. 122, il legislatore statale aveva emanato la legge 2 luglio 2004, n. 165, ponendo particolare attenzione, nell'art. 4, al tema della promozione della parità di accesso alle cariche elettive, intervenendo successivamente sul testo originario con aggiunte significative: con l'art. 3, comma 1 della l. n. 215/2012 e con l'art. 1, comma 1, della l. n. 20/2016;
  • l'art. 4 della predetta legge, dal titolo "Disposizioni di principio, in attuazione dell'articolo 122, primo comma, della Costituzione, in materia di sistema di elezione", individua i "principi fondamentali", cui le Regioni devono uniformarsi nella disciplina del sistema di elezione del Presidente della Giunta e dei consiglieri tra cui, per quel che qui rileva, la "promozione delle pari opportunità tra donne e uomini nell'accesso alle cariche elettive" (punto c-bis);
  • rispetto a tale obiettivo la norma stessa dispone, con particolare riferimento all'ipotesi in cui la legge elettorale -come nella fattispecie che qui rileva- preveda preferenze, che "in ciascuna lista i candidati siano presenti in modo tale che quelli dello stesso sesso non eccedano il 60 per cento del totale e sia consentita l'espressione di almeno due preferenze, di cui una riservata a un candidato di sesso diverso", spingendosi a prevedere una sanzione reale in caso di inosservanza della prevista alternanza dei sessi(ossia: l'annullamento delle preferenze successive alla prima);
  • a tali disposizioni ha dato attuazione l'art. 8 della legge regionale n. 2/2005 riproducendo pedissequamente la regola del 60% ("in ogni lista nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura superiore al 60 per cento) e prevedendo altresì -a certe condizioni- una sanzione pecuniaria in caso di inosservanza della regola stessa;
  • così dispone infatti l'art. 8, al comma 13, terzo periodo della predetta legge regionale: "Ai gruppi consiliari formatisi a seguito dell'esito delle elezioni composti dai movimenti e dai partiti politici che abbiano presentato liste non rispettose della proporzione di cui al presente comma è applicata, da parte del Consiglio regionale, in fase di erogazione per la prima annualità, una sanzione fino a un massimo della metà, in misura direttamente proporzionale ai candidati in più rispetto a quello minimo consentito, dei contributi loro assegnati ai sensi dell'articolo 5 della legge regionale 11 gennaio 1994, n. 3; Il Presidente del Consiglio regionale determina con proprio decreto l'ammontare della somma".

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LA DECISIONE DEL TAR PUGLIA

Nel ricorso, parte ricorrente, sulla scorta di un raffronto tra il testo della norma regionale in esame (art. 8 della l.r. n. 2/2005) e quello della norma statale di riferimento (il citato art. 4 della l. n. 165/2004), denunciava la natura pecuniaria e non reale della sanzione prevista dalla legge regionale in ipotesi di infrazione della regola, posta a tutela della parità di genere nell'accesso alle cariche elettive, asseritamente discostandosi dai principi fissati dalla norma statale; nonché il carattere eventuale della stessa, essendone subordinata l'applicazione all'ipotesi in cui siffatte liste irrispettose della regola sulla parità di genere ottengano un risultato elettorale utile e vadano a formare corrispondenti gruppi consiliari.-

In buona sostanza, secondo la tesi ricorrente, una sanzione di tale natura non garantirebbe la tutela effettiva del principio della parità di genere nell'accesso alle cariche elettive, non rimuovendo il disvalore giuridico, che inficia l'ammissione di liste non conformi ai richiamati principi fondamentali.-

L'assenza di una sanzione ripristinatoria, da applicarsi già in fase di ammissione/esclusione delle liste, quale regola della competizione elettorale, al pari di altre regole ritenute ineludibili dal legislatore (a titolo esemplificativo, il termine di presentazione delle liste e il numero minimo di candidati), determinerebbe la lesione dei principi costituzionali che si ricavano dal combinato disposto degli artt. 3, 51, 117, 122 e 123 della Costituzione.-

In realtà, il Collegio barese - dopo aver evidenziato che "l'inadempimento da parte del Consiglio regionale uscente dell'obbligo di prevedere la c.d. "doppia preferenza" di genere aveva costretto il Governo nazionale a intervenire in extremis in via sostitutiva, con il D.L. 31.7.2020 n. 86, conv. in legge 7.8.2020 n. 98, introducendo nella legge regionale vigente, la previsione della seconda preferenza "riservata a un candidato di sesso diverso dall'altro" - si era soffermato sulla circostanza che, diversamente da quanto sostenuto da parte ricorrente, la legge statale si limita a comminare l'invalidità delle preferenze successive alla prima ogniqualvolta non sia rispettata la regola secondo cui una delle due preferenze (che devono essere assicurate a tutela della parità di genere) non sia stata riservata a candidato di sesso diverso.-

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CONCLUSIONI

Quindi la sanzione prevista, anche dalla legge statale, è solo reale, cioè l'annullamento delle preferenze successive alla prima, sicchè seppure è vero che alcune liste non hanno rispettato la proporzione di genere tra le candidature in alcune circoscrizioni, tuttavia, gli Uffici elettorali avevano dovuto ammettere tali liste, stante la mancata previsione nell'attuale legge regionale di un meccanismo che consentisse di intervenire a monte - cioè in fase di presentazione e ammissione delle stesse - per assicurare il rispetto della regola de quo; di conseguenza, è rimasta la sproporzione tra i candidati di sesso diverso e non sono state garantite le effettive pari opportunità di partecipazione alle consultazioni.

Allo stato non vi è alcuna norma - statale o regionale - che impedisca a quelle liste di partecipare alla competizione elettorale, né vi è una norma che consenta di decurtare dalle liste le candidature eccedentarie in un genere.-

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