LA DIFFUSIONE DI UN FILE VIDEO DI UN OPERAIO IN PERICOLO, CON COMMENTI CRITICI, NON GIUSTIFICA IL LICENZIAMENTO.   SENTENZA N. 3463/2021 DEL TRIB. DI TARANTO SEZ. LAVORO

05.07.2021

A cura dell'Avv. Laura Buzzerio

TAGS: CRITICA DATORE DI LAVORO - PERICOLO - LICENZIAMENTO - TRIB. TARANTO 

INDICE

· INTRODUZIONE;

· IL FATTO;

· LA SENTENZA DEL TRIBUNALE JONICO.-

INTRODUZIONE

Con la sentenza in commento, Il Tribunale di Taranto Sezione Lavoro, Dott. Lorenzo De Napoli, si era occupato, della legittimità di un licenziamento, intimato ad un dipendente che, riprendendo con il telefonico un collega, dimenticato su una impalcatura a parecchi metri di altezza, si lasciava andare a dei commenti "coloriti" di critica nei confronti del datore di lavoro[1].-

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IL FATTO

Secondo quanto si legge nella contestazione di addebito, che pedissequamente si trascrive: "nel mentre un operaio di una impresa appaltatrice, portatosi all'estremità di una struttura su cui lavorava, si trovava a circa ottanta metri di altezza, il ricorrente richiamava a gran voce, sbracciandosi, l'attenzione del personale presente sul piano campagna, accorso in loco, utilizzava durante l'orario lavorativo cellulare personale con cui, per di più, filmava, nonostante il divieto, alcuni impianti e dipendenti della scrivente e di ditta terza e, senza attendere, la verifica delle reali ragioni dell'accaduto, trasmetteva a terzi le riprese audio video di quanto stava accadendo, corredate da un suo suggestivo commento audio: 'Ma come si trova solo là, mannaggia ... come si fa dico io, porca zozza ... guarda ... e come deve scendere quello'" così concorrendo, a causa della successiva pubblicazione e condivisione del video sul social network Facebook ad opera di terzi, "alla diffusione di informazioni non verificate, in grado di distorcere la percezione della realtà sovrapponendosi alla veridicità dei fatti, in danno dell'immagine aziendale presso l'opinione pubblica".-

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LA SENTENZA DEL TRIBUNALE JONICO

Il Tribunale del Lavoro della Città dei due Mari, attraverso un semplice, ma efficace, percorso logico/giuridico, aveva ritenuto di annullare il licenziamento intimato, ordinando la reintegrazione, perché la contestazione non risultava provata.-

Infatti, la convenuta, su cui gravava il relativo onere probatorio, non aveva dimostrato la sussistenza dell'addebito come contestato; in particolare, non aveva dimostrato che il dipendente avesse usato il suo cellulare, che con lo stesso cellulare avesse filmato quanto stava accadendo e che avesse trasmesso, quindi diffuso, il video a terzi.-

Tali circostanze sono state univocamente negate dai testi sia presenti al momento dell'evento, sia dal teste, rappresentante sindacale, sig. Rizzo Francesco, il quale, materialmente, aveva diffuso il video, contestato, su facebook, ma che, durante l'escussione testimoniale, negava di averlo ricevuto dal lavoratore licenziato.-

Il Giudice del Lavoro, però, tentato dalla particolarità della questione, ne aveva approfittato, attraverso una "fictio juris", per evidenziare che, in ogni caso, "[...] anche ove si ritenessero effettivamente pronunciate dal ricorrente, tali frasi si appalesano di per sé prive di ogni rilevanza disciplinare, in quanto esprimono, sia pure in tono concitato e con termini "coloriti", soltanto sorpresa, sconcerto e anche una certa preoccupazione per quanto stava accadendo in quel frangente a un collega che - come specificato nella contestazione disciplinare - portatosi all'estremità di una struttura su cui lavorava, a circa ottanta metri di altezza, "richiamava a gran voce, sbracciandosi, l'attenzione del personale presente sul piano campagna". Le dette frasi, viceversa, oggettivamente non integrano alcuna critica nei confronti dell'azienda, e soggettivamente non denotano alcun intento offensivo o denigratorio in danno della stessa [...]".-

Ne conseguiva l'illegittimità del licenziamento intimato.-


[1] ArcelorMittal Italia spa (Ex Ilva) di Taranto, ora Acciaierie d'Italia.-

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