LA CASSAZIONE RICONOSCE IL RISARCIMENTO PER LE CASE DEI RESIDENTI DEL QUARTIERE TAMBURI A TARANTO DEPREZZATE A CAUSA DELL’INQUINAMENTO INDUSTRIALE. SENTENZA N. 18810/2021

04.11.2021

A cura dell'Avv. MicheleAlfredo Chiariello

TAGS: EX ILVA - SPANDIMENTO POLVERI - RISARCIMENTO DEPREZZAMENTO CASE

INDICE

1)INTRODUZIONE;

2) I MOTIVI DEL RICORSO IN CASSAZIONE;

3) GETTITO PERICOLOSO DI COSE ED IMPIANTO AUTORIZZATO;

4) CONCLUSIONI.-

*****

INTRODUZIONE

"Lo spandimento sistematico di polveri minerali che si depositano (e continuano a depositarsi) su abitazioni e strade del quartiere Tamburi risulta accertato, al di là di ogni ragionevole dubbio", così statuendo, la Corte di Cassazione, terza sezione civile, Pres. Vivaldi, nei mesi scorsi, ha confermato[1] il diritto al riconoscimento, per un gruppo di cittadini residenti nel rione Tamburi di Taranto, dei danni causati dall'inquinamento generato dall'Ilva[2].-

Polveri e fumi negli anni hanno gravemente nuociuto alla vivibilità e all'agibilità degli appartamenti, deprezzandone fortemente il valore economico e, quindi, anche l'eventuale possibilità di metterli in vendita sul mercato immobiliare.-

Naturalmente, la sentenza, è opportuno evidenziarlo, si riferisce alle precedenti gestioni, visto che da qualche anno sono state installate delle apposite, e gigantesche, coperture dei parchi minerari, anche se, pare che il fenomeno sia ancora avvertibile, seppure, da quanto riferito, in misura inferiore e che, comunque, l'ex Ilva, resta lo o stabilimento più inquinante d'Europa[3].-

[2]

I MOTIVI DEL RICORSO IN CASSAZIONE

La società ricorrente reggeva la propria tesi su alcuni asseriti errori procedurali dei primi due gradi di giudizio, in particolare sull'onere della prova, sulla efficacia delle prove atipiche, sulla ammissibilità delle presunzioni semplici e sull'omesso esame di fatti decisivi, come il mancato superamento della normale tollerabilità, del preuso e della tipologia del danno denunciato.-

In questa nota verranno analizzati solo alcuni profili.-

(A)

SULLA PROVA DEL SUPERAMENTO DELLA NORMALE TOLLERABILITA'

I giudici di secondo grado avevano statuito che il superamento della "normale tollerabilità" ex art. 844 c.c., delle immissioni di polveri minerali provenienti dallo stabilimento siderurgico era stato ampiamente provato nei precedenti gradi di giudizio, dalla oggettiva emergenza sociale, dalle pronunce penali, da una evidente, continua massiva propagazione di polveri minerali provenienti dallo stabilimento siderurgico; nonchè dalla realizzazione di barriere frangivento e nuove colline ecologiche; dalla accurata descrizione dei luoghi compiuta dal c.t.u.; dai provvedimenti legislativi sin dal 2013 finalizzati proprio alla salvaguardia della tutela dell'ambiente (e, nel contempo, dei livelli occupazionali); dalla notevole entità, evidenziata dalla stessa ILVA, del fenomeno di spandimento di polveri minerali, già dagli anni '70 e '80".-

Sul punto, la società ricorrente, ex Ilva, eccepiva che

  • la documentazione e le sentenze (penali) poste alla base dei provvedimenti dei primi due gradi di giudizio non erano contestuali, ma precedenti (primi anni 2000), e di tanto, rispetto al momento della presentazione della domanda dei residenti nel quartiere Tamburi (circa anno 2008).-
  • era stata sottoposta alla procedura di controllo per il rilascio dell'A.I.A. (Autorizzazione Integrata Ambientale[4]) molti anni prima della instaurazione del giudizio, nonché a successiva, positiva, revisione;
  • da numerosi provvedimenti giurisdizionali prodotti si evinceva che Ilva aveva legittimamente svolto la propria attività contenendo le immissioni nel limite della normale tollerabilità, ottenendo la certificazione UNI EN ISO 14001.-

La Corte di Cassazione respingeva le tesi della multinazionale, confermando la bontà e legittimità giuridica del ragionamento della Corte di Appello, che aveva fatto derivare la prova del superamento della normale tollerabilità

  • dalle sentenze penali - di cui una, n. 38936 del 2005, proprio della Suprema Corte, sulla quale si tornerà - nelle quali risultava accertato, al di là di ogni ragionevole dubbio, lo spandimento sistematico di polveri minerali sulla cittadina jonica, in particolare nel quartiere tamburi;
  • dalle varie testimonianze, nonché dalla Consulenza tecnica d'ufficio, regolarmente svolta,

statuendo la notorietà - provata per presunzioni -

  • della limitazione nel godimento delle abitazioni;
  • della limitazione alla possibilità del necessario arieggiamento degli appartamenti, stante il penetrare in essi di polveri;
  • dell'accumulo delle stesse su balconi, davanzali ed oggetti, circostanze tutte costituenti indubbio evento lesivo del diritto di proprietà.-

(B)

SULLA NORMALE TOLLERABILITA'

Sul punto, la difesa della multinazionale tanto affermava: "ciò che può essere considerato "tollerabile" in una zona a piena vocazione industriale potrebbe non esserlo (e verosimilmente non lo sarà) in una zona residenziale".-

Ed ancora, secondo quanto si legge nel ricorso per Cassazione: "[...] le polveri asseritamene presenti oggi (o al tempo della domanda) sono le stesse che si depositavano sui balconi trent'anni fa", quando gli immobili furono acquistati dagli attori e che, pertanto, "ciò che è stato considerato "tollerabile" per decenni, in considerazione delle caratteristiche dell'area, non può divenire all'improvviso "intollerabile", specie se si tiene conto -del fatto che "la maggior parte delle emissioni/immissioni è avvenuta prima del 1995, quando Ilva era in mano pubblica e che gli attori non si sono mai lamentati per oltre vent'anni dei loro acquisti [...]".-

In definitiva, secondo la ricorrente, il preuso escluderebbe la tutela derivante dal superamento della normale tollerabilità delle immissioni, anche alla luce della presenza di altri insediamenti industriali in prossimità delle abitazioni.-

(C)

SULLA PRIORITA' D'USO

La ricorrente, sul punto, denunciava "il mancato riconoscimento della priorità d'uso e alla mancata applicazione del criterio che prevede il contemperamento tra le esigenze della produzione e le ragioni della proprietà" e segnalava che:

- produceva già da vent'anni, quando gli attori acquistarono gli appartamenti;

- il fenomeno dello spandimento delle polveri minerali era noto già dagli anni '70.-

La Corte di Cassazione, sul punto, ribadiva il principio di diritto, più volte affermato, secondo il quale l'art. 844 c.c., impone, nei limiti della normale tollerabilità e dell'eventuale contemperamento delle esigenze della produzione con le ragioni della proprietà, l'obbligo di sopportazione delle propagazioni inevitabili determinate dall'uso delle proprietà attuato nell'ambito delle norme generali e speciali che ne disciplinano l'esercizio.-

Tuttavia, se le immissioni sono intollerabili

si è in presenza di un'attività illegittima, seppure autorizzata, di fronte alla quale non ha ragion d'essere l'imposizione di un sacrificio, ancorchè minimo, all'altrui diritto di proprietà o di godimento, e non sono quindi applicabili i criteri dettati dall'art. 844 c.c., in tema di normale tollerabilità, di contemperamento di interessi contrastanti e di priorità dell'uso. (Cass. n. 21554/2018; n. 5844/2007; 17281/2005; 1156/1995; 7411/1992).-

(D)

SULLA COMPRESSIONE DEL DIRITTO DI GODIMENTO

La Corte d'appello aveva confermato "l'esistenza di un danno da compressione del diritto dominicale, configuratosi nella limitazione delle possibilità di godimento degli immobili, in ragione, segnatamente, della limitazione delle possibilità di arieggiamento degli appartamenti stante il penetrare in essi di polveri...".-

L'accertata limitazione delle facoltà di godimento è un danno conseguenza, comportando una grave compromissione dei poteri (e correlativamente delle situazioni di vantaggio) che configurano il contenuto del diritto di proprietà, che si trasforma in un pregiudizio di natura patrimoniale, in quanto suscettibile di valutazione economica.-

Sul punto è interessante riportare come, più volte, la Suprema Corte abbia riconosciuto che la compressione o la limitazione del diritto di proprietà (o altro diritto reale), che siano causate dall'altrui fatto dannoso, sono suscettibili di valutazione economica non soltanto se ne derivi la necessità di una spesa ripristinatoria (cosiddetto danno emergente) o di perdite dei frutti della cosa (lucro cessante), ma anche se la compressione e la limitazione del godimento siano sopportate dal titolare con suo personale disagio o sacrificio (Cass. n. 33439/2019; Cass.n. 22824/2018; sulla risarcibilità dei danni conseguenti al ridotto godimento dell'immobile, v. già Cass. 27/07/1988, n. 4779; Cass. 29/11/2005, n. 2592).-

Importante sottolineare come nella specie, non venga in rilievo, nella valutazione dei giudici di merito, l'aspetto soggettivo delle sofferenze[5] (o disagi) interiormente vissute dai proprietari degli immobili in ragione delle limitazioni descritte, quanto piuttosto proprio la perdita delle oggettive potenzialità di godimento che, in mancanze delle immissioni illecite, gli immobili stessi per loro stessa destinazione sarebbero in grado di offrire.-

Per la Suprema Corte: "la mancanza di un danno non patrimoniale conseguente alle immissioni intollerabili, non esclude la configurabilità di un danno risarcibile di natura patrimoniale come conseguenza dell'illecito costituito dalle immissioni medesime, nella specie da perdita di talune significative facoltà di godimento), economicamente valutabile, se non nel loro valore di scambio, quanto meno sul piano del valore d'uso.".-

[3]

GETTITO PERICOLOSO DI COSE ED IMPIANTO AUTORIZZATO

La sentenza in commento, richiamando il precedente n. 38936/2005, offre lo spunto per soffermarsi, seppure brevemente, su un altro principio; in questa sentenza, infatti, veniva stabilito che:

"La contravvenzione di cui all'art. 674 cod. pen[6]. è integrabile indipendentemente dal superamento dei valori limite di emissione eventualmente stabiliti dalla legge, in quanto anche un'attività produttiva di carattere industriale autorizzata può procurare molestie alle persone, per la mancata attuazione dei possibili accorgimenti tecnici, atteso che il reato de quo mira a tutelare la salute e l'incolumità delle persone indipendentemente dall'osservanza o meno di standards fissati per la prevenzione dall'inquinamento atmosferico".-

[4]

CONCLUSIONI

La pronuncia in commento è importante sotto diversi punti di vista:

  • la prova del superamento della normale tollerabilità delle immissioni, ex art. 844 c.c., può essere provata (anche) per presunzioni o per fatti notori;
  • viene riconosciuto il diritto al risarcimento per la compressione del diritto di godimento del proprio immobile, esplicazione del più ampio diritto di proprietà;
  • il principio del preuso deve cedere il passo alla tutela del diritto del singolo proprietario;
  • il risarcimento trova il suo fondamento non già per lesione del diritto al normale svolgimento della vita familiare all'interno della propria abitazione ed al diritto alla libera e piena esplicazione delle proprie abitudini di vita quotidiane, quali diritti costituzionalmente garantiti, nonchè tutelati dall'art. 8 della Convenzione Europea dei diritti dell'uomo, ma nella la perdita delle oggettive potenzialità di godimento che, in mancanze delle immissioni illecite, gli immobili stessi per loro stessa destinazione sarebbero in grado di offrire.
  • la mancanza di un danno non patrimoniale, conseguente alle immissioni intollerabili, non esclude la configurabilità di un danno risarcibile di natura patrimoniale come conseguenza dell'illecito costituito dalle immissioni medesime.-

[1] Già accertato dalle sentenze del Tribunale e della Corte d'Appello di Taranto; in particolare, il Collegio di secondo grado aveva condannato l'Ilva S.p.A. al risarcimento dei danni in favore dei proprietari degli immobili per la "compressione del diritto di proprietà", inteso come "diritto a godere in modo pieno ed esclusivo di un bene", determinata dalla perenne esposizione delle abitazioni al fenomeno di immissioni di polveri minerali: danni equitativamente liquidati nella misura del 20% del valore dei beni.-

[2] Ora "Acciaierie d'Italia", medio tempore "Arcelor Mittal".-

[3] Sul punto si veda https://www.repubblica.it/economia/2021/11/02/news/sfida_per_convertire_l_ex_ilva_e_ancora_lo_stabilimento_piu_inquinante_d_europa-324824080/

[4] L'AIA è l'autorizzazione integrata necessaria per l'esercizio di alcune tipologie di installazioni produttive che possono produrre danni ambientali significativi; è integrata nel senso che nelle relative valutazioni tecniche sono considerati congiuntamente i diversi danni sull'ambiente causati dall'attività da autorizzare, nonché tutte le condizioni di funzionamento dell'installazione (passo tratto da https://it.wikipedia.org/wiki/Autorizzazione_integrata_ambientale )

[5] Esula dunque dal tema di lite, alla stregua dei fatti accertati e delle ragioni della decisione impugnata, il profilo della configurabilità di un danno non patrimoniale conseguente all'illecito per lesione del diritto al normale svolgimento della vita familiare all'interno della propria abitazione ed al diritto alla libera e piena esplicazione delle proprie abitudini di vita quotidiane, quali diritti costituzionalmente garantiti, nonchè tutelati dall'art. 8 della Convenzione Europea dei diritti dell'uomo (cfr. Cass. Sez. U., 01/02/2017, n. 2611).-

[6] Art 674 cp: "Gettito pericoloso di cose": Chiunque getta o versa, in un luogo di pubblico transito o in un luogo privato ma di comune o di altrui uso, cose atte a offendere o imbrattare o molestare persone(2), ovvero, nei casi non consentiti dalla legge, provoca emissioni di gas, di vapori o di fumo, atti a cagionare tali effetti, è punito con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda fino a euro 206.-

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