INSALATA CON BRUCO AL DEGENTE: LA CASSAZIONE NON APPREZZA E CONDANNA LA DITTA DI REFEZIONE OSPEDALIERA. SENTENZA N. 30586/2025

A CURA DELL'AVV. MICHELEALFREDO CHIARIELLO
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INDICE
1) INTRODUZIONE;
2) DAL VASSOIO ALLA CASSAZIONE;
3) LA SENTENZA DELLA CASSAZIONE;
4) CONCLUSIONI.-
Disclaimer (con sorriso incorporato)
Questo articolo, pur vestito da giuridico, indossa in realtà anche un paio di baffi finti: la sua portata è semiseria. L'episodio del bruco nell'insalata? Un incidente isolato, non certo la prova che negli ospedali servano menù "con contorno di insetti". Non è affatto vero che in corsia si mangi male: semplicemente… non è come a casa di mamma.-
Hai fretta? Andiamo dritti al sodo:
1️⃣ Il caso 🥗🐛 – Degente ospedaliero trova un bruco vivo nell'insalata: disgusto assicurato.
2️⃣ Il processo ⚖️ – La ditta di refezione condannata per scarsa igiene, inutile il tentativo di difesa col 131-bis.
3️⃣ La morale 🤢➡️🏛️ – Anche se gli insetti saranno forse il cibo del futuro, la Cassazione non li digerisce… soprattutto nel piatto del paziente.
1. INTRODUZIONE
Chi va in ospedale non ci va certo per
degustare piatti gourmet: lo sanno i pazienti, lo sanno i medici, avviene anche
nelle serie tv – che siano italiane, americane o turche, sempre più di moda –
dove immancabilmente qualcuno si lamenta del vitto. Tanto che parenti e amici,
pur di strappare un sorriso, si presentano, quando permesso, in corsia con cibi
"salvavita" di provenienza casalinga o con un panino della famosa catena.-
Ma quello che è accaduto al protagonista di questa vicenda è qualcosa che
va oltre il cliché: una bella porzione di insalata mista… con sorpresa.-
Niente crostini, niente olive, ma un bel bruco vivo e vegeto. Innocuo, penserebbe qualcuno; disgustoso, direbbe chiunque si trovi l'ospite nel piatto prima di mangiare.-
2. DAL VASSOIO ALLA CASSAZIONE
Apriti cielo (e chiuditi stomaco,
verrebbe da dire). Scatta una (doverosa) indagine e l'amministratrice della
società, che gestiva il laboratorio di preparazione e distribuzione dei pasti
ospedalieri, finisce condannata per violazione della legge n. 283/1962, quella
che – per dirla semplice – punisce gli alimenti non proprio a norma di igiene.-
La difesa non si arrende e gioca – in Cassazione - la carta dell'art. 131-bis
c.p., invocando la "particolare tenuità del fatto": in fondo, sosteneva,
era un episodio isolato, non abituale… e poi, diciamolo, l'insetto era pure
commestibile. Probabile, ma provate voi a spiegarlo a un degente che già
lotta con minestrine annacquate, purè dalla consistenza misteriosa e magari
anche con il compagno di stanza che, oltre a non brillare per simpatia, russa
come un trattore.-
3. LA SENTENZA DELLA CASSAZIONE
La Cassazione, con la sentenza n. 30586/2025, ha confermato la condanna, fondando il ragionamento su questi pilastri motivazionali:
- Contaminazione all'origine. Il bruco non era arrivato lì per caso, caduto chissà come nel piatto. Era presente già al confezionamento: segno che qualcosa, nell'organizzazione del laboratorio, non funzionava affatto.-
- Destinatari fragili. Non stiamo parlando di clienti di un fast food che possono alzarsi e chiedere il rimborso. Qui i commensali erano degenti ospedalieri: soggetti per definizione vulnerabili, più esposti ai rischi igienico-sanitari.-
- Carenti condizioni igieniche. Le motivazioni di primo e secondo grado, prese insieme, dipingevano che i laboratori, dove venivano preparati i piatti, presentavano dei deficit igienico/sanitari, su cui l'amministratrice della società avrebbe dovuto controllare (e risolvere o, meglio, prevenire).-
4. CONCLUSIONI
Insomma, il bruco poteva anche essere "bio" e ricco di proteine, ma per la Cassazione resta sempre e solo un segnale di scarsa igiene. Morale: il paziente non gradisce, il giudice condanna, e l'insalata… beh, quella la lasciamo lì.
E, in fondo, anche se gli insetti forse saranno davvero il cibo del futuro, oggi non tutti li gradiscono — soprattutto se spuntano inattesi tra le foglie di lattuga.-
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