IL TRIBUNALE DI TRANI AUTORIZZA L’ADOZIONE DI UN SOGGETTO MAGGIORENNE. COMMENTO ALLA SENTENZA N. 4/2021

26.01.2022

A cura dell'Avv. MicheleAlfredo Chiariello

TAGS: ADOZIONE DI MAGGIORENNE - ISTITUTO - TRIBUNALE DI TRANI

INDICE

1 ) L'ISTITUTO;

2) LA DECISIONE DEL TRIBUNALE DI TRANI.-

[1]

L'ISTITUTO

La pronuncia in commento, emessa dal Tribunale di Trani, Presidente Dott. Rana, permette di analizzare un istituto, come quello dell'adozione di maggiorenne, con scopi, conseguenze giuridiche e procedure diverse dall'adozione di minorenne, ma, non per questo, meno importante.-

Questo istituto[1], ora regolato dall'art. 291 del codice civile, nacque principalmente per garantire eredi a chi non aveva avuto figli biologici (o premorti).-

Inizialmente, infatti, tale la disciplina era molto stringente e prevedeva che l'adozione (di maggiorenne) fosse possibile solo nel caso in cui l'adottante non avesse già figli legittimi o legittimati.-

Sul punto, nel 1988, intervenne la Corte Costituzionale (sentenza n. 577/1988) dichiarando la incostituzionalità di tale previsione e, di conseguenza, da quel momento, l'adozione di un figlio maggiorenne è possibile anche quando l'adottante abbia altri figli, ma con il necessario consenso di quest'ultimi: la ragione è di natura patrimoniale, perché l'adozione, di fatto, aumenta la platea degli eredi e diminuisce il valore delle quote di successione legittima.-

A questo proposito, occorre evidenziare come l'adozione di maggiorenne crei un rapporto ereditario fra adottante ed adottato (che acquista un nuovo cognome da anteporre, ma non sostituire, al proprio) ma non viceversa e che non si costituisca nessun legame di parentela con gli altri componenti della famiglia e non interrompe il legame tra l'adottato e la propria famiglia d'origine, nei confronti della quale l'adottato conserva tutti i diritti e gli obblighi.-

Per quanto riguarda i criteri anagrafici, l'art. 291 c.c. prevede che l'adottante abbia almeno trentacinque anni e diciotto di differenza con l'adottato[2], anche se, in particolari casi, sarebbe possibile derogare a questo principio, al fine di realizzare l'unità familiare, sempre che la differenza di età fra adottante e adottando rimanga nell'ambito della imitatio naturae (Trib. Milano 31.1.2011; Trib. Forlì 4.12.2008; Trib. Milano 9.1.2008).-

Naturalmente, tra chi chiede di adottare e l'adottando deve intercorrere un significativo legame affettivo e di consuetudine e, viceversa, l'adozione non può essere disposta in tutti quei casi in cui si accerti che è finalizzata ad un abuso, cioè ad un uso distorto, come quanto strumentale ad aggirare la vigente normativa sull'immigrazione.-

Conseguentemente, non è motivo ostativo la non convivenza fra le parti, quanto, piuttosto, un intenso e durevole rapporto tra adottante ed adottato connotato da una frequentazione quotidiana. (Trib. Milano sentenza n. 49/2019)

Allo stato, per quanto possa sembrare strano, non è garantita alle coppie omossessuali di adottare un maggiorenne, si veda a questo proposito la sentenza del Tribunale di Bari del 4-2-2020, che motivava basandosi sulla circostanza che gli art. 291 ss. c.c. non sono espressamente richiamati dalla l. n. 76/2016; fortunatamente, e diversamente, il Tribunale di Rieti, sempre nel 2020, ha autorizzato l'adozione di un maggiorenne da parte di una coppia omosessuale.-

[2]

LA DECISIONE DEL TRIBUNALE DI TRANI

Il caso sottoposto al Tribunale Tranese era molto lineare:

  • l'adottante aveva più di 18 anni e non aveva figli;
  • l'adottando era orfano;
  • vi era un rapporto familiare ed affettivo fra le parti, rafforzatosi nel tempo.-

Di conseguenza, veniva disposta l'adozione del maggiorenne.-


[1] Presente anche nelle grandi civiltà del passato: "[...] Le prime notizie sull'adozione, intesa come passaggio di una persona da un nucleo familiare ad un altro, si trovano nel 2000 a.C. nel codice di Hammurabi. Tuttavia, notizie più precise si hanno nelle cronache ebraiche. Notizie sull'adozione si rinvengono poi nella Grecia antica, in particolare presso gli Ateniesi, dove l'istituto trova menzione nelle leggi di Solone. L'adozione presso i Greci era infatti conosciuta esclusivamente con riguardo alla possibilità di perpetuare il nome della famiglia. Infine l'istituto era noto anche agli Egiziani, ma è presso i Romani che raggiunse il suo massimo sviluppo, venendo utilizzato per una serie di scopi estremamente importanti, aventi anche (e soprattutto) natura politica. L'adozione nel diritto romano consentiva all'adottato di uscire dalla sua famiglia naturale. Questa scelta aveva conseguenze di grande rilievo: comportava la perdita dei diritti di agnazione e di quelli di successione verso la famiglia originaria. Inoltre, rendeva l'adottato estraneo agli Dei domestici e, come tale, non più tenuto ad esercitare il culto della sua famiglia naturale. L'ingresso nel nuovo nucleo familiare produceva effetti altrettanto significativi. Infatti, dal momento in cui il negozio di adozione poteva considerarsi perfezionato l'adottato acquisiva uno status completamente nuovo. Ciò comportava la devozione ad un nuovo culto, l'acquisizione di nuovi diritti di agnazione e successione e, soprattutto, un nuovo nomen (ma l'adottato non perdeva il nomen precedentemente posseduto, al contrario, trasformava il nome della sua famiglia naturale in aggettivo, aggiungendovi la desinenza -ianus: un esempio è quello di Scipio Aemilianus, o anche di Caesar Octavianus). Un sensibile mutamento di disciplina si avrà con Giustiniano, il quale, nel 531 d.C., riformò in modo sensibile l'istituto dell'adozione. Con la caduta dell'Impero romano l'istituto dell'adozione subisce sorti alterne, in parte venendo soppiantato dai nuovi diritti feudali, in parte resistendo alla scomparsa. Tra gli aspetti che sembrano più interessanti c'è quello che riguarda l'introduzione di nuove figure di adozione, tra cui emerge in particolare l'adozione militare. Sebbene l'adozione militare rappresenti in modo efficace la persistenza dell'istituto, in altre parti dell'Europa, durante il periodo medioevale, l'adozione cadde in disuso, soppiantata dal sistema feudale. A partire dalla fine del secolo XVII l'istituto dell'adozione subì un periodo di rinnovata fortuna, fu definitivamente accolto in tutte le legislazioni europee, restando ignoto solamente agli ordinamenti di matrice anglosassone, presso i quali venne regolato molto più tardi. Sebbene nel diritto francese l'istituto dell'adozione fosse scomparso nei paesi di diritto consuetudinario, e fosse stato quasi completamente dimenticato anche nel Mezzogiorno, venne reintrodotto con una decisione dell'Assemblea legislativa che ordinò al suo comitato di legislazione di comprenderlo nel piano generale delle leggi civili, anche se non vennero inizialmente regolate né la forma né le condizioni, né gli effetti. Quello dell'Assemblea legislativa rappresenta il precedente storico che portò al dibattito circa la possibilità di reintroduzione dell'istituto nell'emanando codice napoleonico, il Code napoleon, che introdusse la disciplina dell'adozione, pur risentendo fortemente del disagio giuridico dell'epoca derivante dalla convenienza politica dell'istituto e dunque dell'opportunità di mantenerlo in vita. In Italia a partire dal XVIII secolo l'istituto dell'adozione assunse una funzione di natura prevalentemente patrimoniale. Si legò infatti alle esigenze di continuazione del casato ed alla perpetuazione dei titoli e dei possessi delle famiglie nobiliari, qualora fossero assenti figli legittimi o naturali. Così, il codice civile del 1865 riconobbe la possibilità di adottare le persone che avessero compiuto il diciottesimo anno di età. Ciò nonostante, le varie proposte di modificazione legislativa a favore dell'adozione non trovarono consenso nel Parlamento italiano, fino alla vigilia della seconda guerra mondiale, nel 1939, quando fu creato l'istituto dell'affiliazione. Invece, a partire dal codice civile del 1942, fu introdotta per la prima volta la possibilità di adottare minori di età, seppur sotto una disciplina unificata. Nel 1967, poi, con la legge n. 431, si introdusse l'adozione speciale, che distinse le due ipotesi tra loro, fino a quando, nel 1983, con la legge n. 184, fu sancita una disciplina autonoma per l'adozione di soggetti maggiorenni [...]".- (Passo tratto da "Una dignità all'istituto dell'adozione nella storia di famiglia", in https://www.iagi.info/wp-content/uploads/2016/02/90-91editoriale.pdf

[2] Qui c'è una palese svista del legislatore, mai corretta; infatti se si tratta di adozione di maggiorenne, quindi almeno diciottenne, e che ci deve essere una differenza di almeno diciotto anni fra l'adottato e l'adottante, vuol dire che quest'ultimo dovrà avere almeno 36 anni (18 + 18) e non già 35! 

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