Il Medico di Base è dispensato dalla visita domiciliare del soggetto affetto da covid?- Breve commento alla sentenza n. 8166/2020 del Consiglio di Stato

05.07.2021

A cura dell'avv. MicheleAlfredo Chiariello

TAGS: COVID19 - MEDICO DI BASE - VISITA DOMICILIARE

INDICE

1)INTRODUZIONE;

2) IL PRIMO GRADO;

3) LA SENTENZA DEL CONSIGLIO DI STATO;

4) LA GESTIONE DOMICILIARE DEI PAZIENTI CON INFEZIONE DA SARS-COV-2.-

*****

INTRODUZIONE

Il Medico di Base è dispensato dalla visita domiciliare del soggetto affetto da Covid?

La risposta non è del tutto univoca.-

Come ben noto, l'obbligo generale di visita domiciliare, in generale, ricadente sul Medico di Base (e quindi, a prescindere dalla infezione pandemica) sussiste quando il soggetto sia non trasferibile, quindi senza possibilità di recarsi in studio, e quando sia particolarmente grave; diversamente, in caso di rifiuto illegittimo, il Medico si esporrebbe, addirittura, penalmente.-

Durante l'attuale emergenza, nonché con la istituzione di particolari Unità (C.d.Usca), è cambiato qualcosa?

Sul ruolo, importante come sempre, dei Medici di Base in periodo di covid, si è espresso il Consiglio di Stato con la sentenza in commento, qualche mese fa, dando il via libera alle visite domiciliari dei medici di medicina generale ai pazienti Covid non ospedalizzati.-

[2]

Il PRIMO GRADO

Il ricorso in primo grado era stato promosso dal Sindacato dei Medici Italiani (S.M.I.), con il quale venivano impugnati una serie di provvedimenti, tra cui l'Ordinanza[1] del Presidente della Regione Lazio n. Z00009/2020, recante "Ulteriori misure per la prevenzione e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-2019", sull'assunto che gli stessi (provvedimenti) avrebbero gravato i medici di medicina generale di una funzione di assistenza domiciliare ai pazienti Covid del tutto impropria, spettante, in base all'art. 8, d.l. n. 14 del 2020 prima e all'art. 4-bis, d.l. n. 18 del 2020 poi, unicamente alle Unità Speciali di Continuità Assistenziale (c.d. USCA) istituite d'urgenza proprio ed esattamente a questo scopo.-

Conseguenza di tale scelta sarebbe:

"la distrazione di tali medici dal loro precipuo compito, che è quello di prestare l'assistenza ordinaria, a tutto detrimento della concreta possibilità di assistere i tanti pazienti non Covid, molti dei quali affetti da patologie anche gravi".-

Il Tar Lazio, con sentenza n. 11991/2020, Presidente Riccardo Savoia, ritenendo fondato il ricorso, lo accoglieva, così ragionando:

  • Se le Regioni hanno il potere di istituire delle unità speciali "per la gestione domiciliare dei pazienti affetti da COVID-19 che non necessitano di ricovero ospedaliero", l'attribuzione, in controtendenza, di compiti di assistenza domiciliare, per i positivi Covid, ai MMG, è evidentemente illegittima;
  • La legislazione epidemica aveva previsto espressamente che gli MMG potessero proseguire nell'attività assistenziale ordinaria, senza doversi occupare dell'assistenza domiciliare dei pazienti Covid;
  • Se Il comma 2, art. 4 bis del D.L. n. 18/2020[2], specifica che "il medico di medicina generale o il pediatra di libera scelta o il medico di continuità assistenziale comunicano all'unità speciale di cui al comma 1, a seguito del triage telefonico, il nominativo e l'indirizzo dei pazienti di cui al comma 1", cioè i pazienti affetti da Covid, l'affidamento ai MMG del compito di assistenza domiciliare ai malati Covid risulta in contrasto con le citate disposizioni.-

Per il Tar, quindi, la norma serviva ad agevolare i medici di famiglia che, oltre a svolgere l'ordinaria attività in un periodo "straordinario", avrebbero dovuto seguire anche i pazienti Covid, per i quali, viceversa, nella previsione della legge, devono essere seguiti dalle Unita Speciali.-

[3]

LA SENTENZA DEL CONSIGLIO DI STATO

In fase di appello - nel quale erano intervenuti "ad adiuvandum"[3] tutte le Regioni, nonché il Codacons - proposto dalla Regione Lazio[4], il Consiglio di Stato, con la sentenza in commento, n. 8166/2020, Presidente Corradino aveva, del tutto, ribaltato, la decisione di primo grado, favorevole ai MMG[5].-

Per il Collegio:"La sentenza del Tar Lazio si fonda su due (inespressi) postulati: a) il primo è quello secondo il quale l'esplosione di un evento pandemico e le conseguenze dello stesso sulla salute degli individui, in quanto evento straordinario e non previsto, immuti implicitamente i concetti di malattia acuta e cronica sui quali si basano i Livelli essenziali di assistenza (LEA) e i connessi accessi domiciliari nell'ambito della medicina generale; b) il secondo è che l'evento pandemico produca una sorta di tabula rasa organizzativa in ambito sanitario, in guisa che le disposizioni legislative emergenziali adottate per affrontare efficacemente l'evento e diminuirne le letali conseguenze epidemiologiche, costituiscano, anche in assenza di esplicite indicazioni in tal senso, strumento esaustivo ed esclusivo, capace di sostituirsi integralmente all'assetto ordinario delle competenze, attraverso non il meccanismo della deroga puntuale ma quello dell'azzeramento del pregresso".-

Addirittura, con quella che sembra una vera e propria, irrituale, provocazione, il Collegio di secondo grado si spingeva ad affermare che "non c'è dubbio che, se il legislatore non fosse affatto intervenuto, nessuno avrebbe dubitato che i medici di medicina generale, in forza del D.P.C.M. 12.1.2017[6] e dell'accordo collettivo che ne dà attuazione sul versante della medicina generale, avrebbero avuto l'obbligo di effettuare accessi domiciliari, ove richiesto e ritenuto necessario in scienza e coscienza, a prescindere dalla sussistenza in atto di una patologia infettiva, e nel rispetto ovviamente dei protocolli di prevenzione e tutela."

Nessuna deroga ai LEA, quindi, ma garanzia della loro effettività attraverso un supporto straordinario e temporaneo - a mezzo delle USCA - destinato ad operare in sinergia e nel rispetto delle competenze e prerogative dei medici di medicina generale e degli altri medici indicati. -

Per il Consiglio di Stato, in definitiva:

"Trarre dalle disposizioni in commento un vero e proprio divieto per i medici di medicina generale di recarsi a domicilio per assistere i propri pazienti, alle prese con il virus, costituirebbe, per converso, un grave errore esegetico, suscettibile di depotenziare la risposta del sistema sanitario alla pandemia e di provocare ulteriore e intollerabile disagio ai pazienti, che già affetti da patologie croniche, si vedrebbero (e si sono invero spesso visti), una volta colpiti dal virus, proiettati in una dimensione di incertezza e paura, e finanche abbandonati dal medico che li ha sempre seguiti"

Il principio che ne deriva è che: "il medico di medicina generale (e le altre figure mediche operanti sul territorio), in scienza e coscienza ordinariamente valutano e, se necessario, effettuano, l'accesso domiciliare anche per i malati covid, nel rispetto dei protocolli di sicurezza, fruendo, ove necessario o opportuno, anche in considerazione dell'eventuale insufficienza o inidoneità dei dispositivi di protezione disponibili, del supporto dei medici e del personale dell'USCA".-

[4]

LA GESTIONE DOMICILIARE DEI PAZIENTI CON INFEZIONE DA SARS-COV-2.-

Sul punto è importante indicare la Circolare del Ministero della Salute del 26 Aprile 2021, con la quale vengono illustrate le modalità di gestione domiciliare del paziente affetto da COVID-19 da parte del Medico di Medicina Generale e del Pediatra di Libera Scelta sulla base delle conoscenze disponibili a oggi.

Nel predetto documento si legge che "I MMG e i PLS, grazie alla presenza capillare nel territorio e alla conoscenza diretta della propria popolazione di assistiti, sia in termini sanitari sia in termini sociali, devono ricoprire, in stretta collaborazione con il personale delle USCA (Unità Speciali di Continuità Assistenziale) con gli infermieri e con eventuali ulteriori unità di assistenza presenti sul territorio, un ruolo cruciale nell'ambito della gestione assistenziale dei malati COVID, con monitoraggio e gestione domiciliare dei pazienti, che non richiedono ospedalizzazione, anche mediante consultazione a distanza con l'ausilio di dispositivi, App o device in possesso del paziente", soluzione che, a parere dello scrivente, rappresenta un giusto equilibrio fra i contrapposto interessi.-


[1] Ordinanza emessa ai sensi dell'art. 32, comma 3, della legge n. 833/1978, in materia di igiene e sanità pubblica.-

[2] Qui di seguito si riporta stralcio dell'articolo richiamato:

Art. 4 bis, 1 comma Unita' speciali di continuita' assistenziale: Al fine di consentire al medico di medicina generale o al pediatra di libera scelta o al medico di continuita' assistenziale di garantire l'attivita' assistenziale ordinaria, le regioni [...] istituiscono, una unità speciale ogni 50.000 abitanti per la gestione domiciliare dei pazienti affetti da COVID-19 che non necessitano di ricovero ospedaliero. L'unita' speciale è costituita da un numero di medici pari a quelli gia' presenti nella sede di continuita' assistenziale prescelta. Possono far parte dell'unità speciale: i medici titolari o supplenti di continuita' assistenziale; i medici che frequentano il corso di formazione specifica in medicina generale; in via residuale, i laureati in medicina e chirurgia abilitati e iscritti all'ordine di competenza. L'unita' speciale e' attiva sette giorni su sette [ ...]

[3] Nonché "ad oppendum", anche se in realtà con un intervento adesivo rispetto a quello della Regione Lazio, ritenuto perfettamente ammissibile, in quanto "tendente a difendere la legittimità dei provvedimenti impugnati in primo grado, attraverso l'argomentata adesione alle tesi dell'amministrazione appellante, senza ampliamento del thema decidendum: "La giurisprudenza ha chiarito che l'intervento a supporto della legittimità del provvedimento impugnato può essere giustificato anche dalla titolarità di un interesse di fatto che consenta alla parte di ritrarre un vantaggio indiretto e riflesso dalla reiezione del ricorso (Cons. Stato, sez. IV, 10 febbraio 2020, n. 573 e, da ultimo 7 agosto 2020, n.4973). Non occorre, come sostenuto dall'appellata, che ricorra "una situazione giuridica autonoma e incompatibile, rispetto a quella riferibile alla parte risultata vittoriosa".-

[4] La Regione Lazio fondava il proprio appello sulla erroneità della l'affermazione, secondo la quale la ratio dell'art. 4 bis DL 18/2020 doveva individuarsi nella necessità di non "distrarre" i medici di base dal proprio compito d'istituto, con attribuzione di "compiti del tutto avulsi dal loro ruolo all'interno del SSR", per i seguenti motivi:

  • a) i compiti non sarebbero affatto "avulsi" dal Servizio Sanitario, il quale, in forza dell'art. 4 del DPCM del 12 gennaio 2017 (avente ad oggetto i LEA) e dell'art. 33 dell'Accordo Nazionale che riguarda i medici di medicina generale, assicura le visite domiciliari a scopo preventivo, diagnostico, terapeutico e riabilitativo da parte del medico di medicina generale che ha in carico il paziente, senza che si debba e possa discernere se il paziente ha o meno malattie infettive;
  • b) tali compiti sarebbero vieppiù confermati dal recente accordo Nazionale Collettivo che attribuisce ai medici di medicina generale ed ai pediatri di libera scelta, un ruolo proattivo nel rafforzamento delle attività territoriali di diagnostica di primo livello e di prevenzione nella trasmissione della Sars-Cov 2;
  • c) nessuna "distrazione" dai propri compiti di istituto vi sarebbe, posto che la visita domiciliare del proprio assistito costituisce parte integrante dei compiti del medico di medicina generale, in ispecie nell'attuale fase epidemiologica in cui l'elevatissimo numero di contagi richiede sinergia degli interventi e pluralità di risorse mediche, non affrontabili con le pur numerose USCAR istituite;
  • in ogni caso le misure adottate rientrerebbero appieno nei profili organizzativi e gestionali della sanità, riservati dall'art. 117 cost. alle Regioni.-

[5] Che in appello tanto motivavano:

  • la norma ha indissolubilmente legato l'istituzione delle USCA alla «gestione domiciliare dei pazienti affetti da COVID-19 che non necessitano di ricovero ospedaliero», individuando per queste Unità una missione specifica ed esclusiva: occuparsi unicamente di assistenza domiciliare e non di altre tipologia di intervento. Al contrario, in forza dei provvedimenti impugnati le USCA verrebbero indirizzate verso altri obiettivi (case di cura, comunità, istituti penitenziari e altre strutture) e solo in via residuale si occuperebbero dell'assistenza domiciliare, "scaricando" gli incombenti sui medici di medicina generale, con ricadute sulla normalità e continuità di funzionamento della rete assistenziale territoriale nel periodo pandemico;
  • Inoltre, il DPCM del 12 gennaio 2017 sui LEA, prevederebbe le visite domiciliari dei MMG solo ed esclusivamente per le patologie acute e croniche, fra le quali non rientrerebbero quelle infettive, e quelle non programmate.-

[6] Rubricato "Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, di cui all'articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502".-

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