SOCIAL NETWORK RESPONSABILE SE NON RIMUOVE, DOPO LA SEGNALAZIONE, IL CONTENUTO DIFFAMATORIO. TRIBUNALE DI MILANO N. 1208/2023

08.02.2024

A cura dell'Avv. MicheleAlfredo Chiariello

TAGS: POST DIFFAMATORIO - RESPONSABILITA' SOCIAL NETWORK - TRIBUNALE DI MILANO N. 1208/2023

INDICE

1) IL FATTO;

2) ALCUNE PRECISAZIONI TERMINOLOGICHE;

3) LA DECISIONE IN COMMENTO.-

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IL FATTO

Un'Agenzia di Scommesse citava avanti il Tribunale di Milano un famoso social network, chiedendo di accertare e dichiarare la sua condotta illecita per avere omesso di rimuovere tempestivamente contenuti di evidente contenuto diffamatorio, all'interno di vari post, nonostante avesse presentato rituali e tempestive segnalazioni, cui non era stato dato seguito.-

[2]

ALCUNE PRECISAZIONI TERMINOLOGICHE1

Prima di procedere oltre, appare necessario procedere con alcune precisazioni terminologiche, seppure sintetiche, sul tema trattato.-

Con l'espressione "Internet Service Provider" si indicano le aziende che forniscono servizi internet, abilitandoci all'accesso alla rete.-

Con l'espressione "Caching Provider", a norma dell'art. 15 del d.lgs n.70/2003, si identifica l'attività che consiste nel "trasmettere, su una rete di comunicazione, informazioni fornite da un destinatario del servizio mediante la memorizzazione automatica, intermedia e temporanea di tali informazioni effettuata al solo scopo di rendere più efficace il successivo inoltro ad altri destinatari a loro richiesta": tipico esempio è il motore di ricerca google; a questo proposito si precisa che il medesimo articolo non prevede alcun obbligo di né controllo preventivo nè di rimozione successiva, salvo particolari condizioni.-

Con l'espressione "Hosting Provider", a norma dell'art. 16 del d.gls n.70/2003 ,si indica un fornitore di servizi che consente di inserire contenuti di varia tipologia presso i propri server, che possono essere così accessibili dalla rete internet ai suoi utenti; tipico esempio è youtube.-

A loro volta gli "Hosting Provider" si dividono in attivi e passivi: l'hosting provider passivo svolge un ruolo meramente tecnico, automatico e passivo, non essendo a conoscenza né controllando le informazioni trasmesse o memorizzate, mentre l'hosting provider attivo[2], invece, svolge una "condotta di azione", caratterizzata da "indici di interferenza" quali "attività di filtro, selezione, indicizzazione, organizzazione, catalogazione, aggregazione, valutazione, uso, modifica, estrazione o promozione dei contenuti" che delineano, dunque, una figura che opera mediante una gestione imprenditoriale del servizio, che può comportare anche "una tecnica di valutazione comportamentale degli utenti per aumentare la fidelizzazione".-

In maniera molto sintetica, mentre l'host attivo è responsabile per i contenuti, al pari del soggetto che ha provveduto al loro caricamento, l'host passivo è chiamato a doversi difendere solamente se era al corrente[3] del carattere illecito dei contenuti, oppure se, pur richiesto di rimuoverli, non lo ha fatto. Esempio classico è il gestore di un blog o di un gruppo di discussione sui social.-

In altre parole, l'aver preso contezza delle segnalazioni provenienti dai titolari dei diritti lesi, fa decadere l'utilità della verifica intorno alla natura del provider che, sia esso passivo o attivo, avrà comunque l'obbligo della immediata rimozione.-

La scheda Google My Business è uno strumento gratuito messo a disposizione da Google per tutti coloro che hanno un'attività di qualunque genere: dai ristoratori agli avvocati, passando per ogni altra professione o mestiere; si tratta di pagine gestite (il piu' delle volte) direttamente dal titolare dell'attività e, per questo, verificate.-

Le schede Locali automatiche, sono schede generate automaticamente da Google, il quale recupera informazioni dal web; si tratta di schede visibili tra i risultati di ricerca, che mostrano delle informazioni aziendali non verificate.-

[3]

LA DECISIONE IN COMMENTO

Il Tribunale milanese ha qualificato il social network come un prestatore di servizi ex art. 16 del d.lgs. 70/03, ritenendolo responsabile per l'omessa rimozione del contenuto diffamatorio, nonostante la segnalazione, non potendosi condividere l'impostazione in base alla quale l'obbligo di rimozione di contenuti illeciti e diffamatori sarebbe configurabile unicamente nell'ipotesi in cui sussista un provvedimento dell'autorità che ne accerti tale natura.-

NOTE

[1] Passo tratto da https://www.ilperiscopiodeldiritto.it/l/il-tribunale-di-trani-ordinanza-del-3-7-2022-chiarisce-il-ruolo-di-google-nella-gestione-delle-c-d-schede-locali/

[2] Ad esempio, Amazon, secondo quanto ritenuto dal Tribunale di Milano Sezione specializzata in materia di impresa, con la pronuncia del 19 ottobre 2020, sia perché vende direttamente alcuni beni, sia perché svolge una attività di controllo sui beni venduti da terzi, gestendo la procedura dall'acquisto alla spedizione del bene.-

[3] È importante sottolineare che, a detta della Suprema corte, la conoscenza effettiva può derivare da qualsiasi tipo di comunicazione, non già esclusivamente da una lettera di diffida in senso tecnico.-

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